di Filomena Baratto
Vico Equense - Giuseppe è il papà di Gesù che tante volte abbiamo disegnato a Natale, messo nei nostri presepi, vestito nelle rappresentazioni varie. Non si sa molto di lui, non abbiamo notizie oltre quel poco che basta a presentarcelo. Lo abbiamo visto sempre nella capanna, simbolo di casa e di famiglia, col suo bastone, come un re accanto a Maria, nei suoi abiti colorati ricchi di drappi, con quella barba segno di saggezza, sapienza. E tutto quello che abbiamo pensato di lui è che era un vero padre. La paternità non è semplice definirla, ma tutti sappiamo cos’è. Lo abbiamo appreso dai nostri, che forse al cospetto di Giuseppe possono sembrare da meno, soprattutto meno santi, ma non è così. Ogni padre racchiude in sé l’amore per i propri figli anche se non sa esprimerlo o deve impararlo proprio da loro.
San Giuseppe, il padre per antonomasia ma anche paradossale per la sua paternità putativa: non ha concepito con Maria quel figlio. E prima ancora fu un fidanzato “nei guai”, come diceva Matteo. Sì, perché quando seppe che Maria attendeva un figlio, mise in dubbio la sua verginità, lungi da lui il pensiero che fosse opera dello Spirito. Voleva ripudiarla, cosa che fece in cuor suo pur non ammettendolo. Ma un angelo gli apparve in sogno e lo dissuase. Troppo semplice detto così, ma possiamo immaginare quello che provò, e che dovette superare. Intanto nessuno può incarnare il ruolo di padre se non Giuseppe.
E quel gesto che molti possono contestare, è forse quello che gli conferisce maggiore credibilità. Che padre sarebbe stato oggi Giuseppe, o che uomo, che marito? Difficile saperlo. Eppure quel falegname è entrato nel nostro immaginario come il padre per eccellenza. Un padre buono, comprensivo, affettuoso, esemplare. La sua fu una vita di obbedienza, senza mai ribellarsi. E se i dubbi non lo avessero attanagliato per molto tempo, prima di sposare Maria, sarebbe stato difficile credere al suo lato umano. Una paternità non sua ma accettata lo rende moderno, ancora più vero come padre. Oggi il caso di Giuseppe non è novità, ci sono esempi vari, ma di sicuro ci sarebbe bisogno di una paternità più sentita. I padri sono sempre a combattere con un ego troppo grande o troppo piccolo o troppo in formazione per accogliere i figli secondo i loro bisogni. La prole passa in secondo ordine rispetto ai loro bisogni e un figlio arriva anche troppo tardi o prestissimo, due tempi non consoni alla paternità. Chi accetta oggi di sposare una donna con un figlio non suo? Sarebbe sintomo di debolezza per i più, reprensibile per molti, per altri non si pone proprio la domanda. E se anche un padre oggi accettasse una paternità non sua, quella decisione rappresenterebbe sempre motivo di discussione e ripensamenti. Giuseppe ha fatto sua quella paternità, e l’ha esercitata meglio di un padre vero. Che rende un padre vero o cosa deve fare per essere tale? Deve crescere suo figlio vedendo in lui l’uomo che sarà, educandolo e fornendogli esempi. Un figlio chiede tutto: dall’affetto, al consiglio, all’aiuto, alla presenza, all’abbraccio, al supporto. La grandezza di Giuseppe è quella di aver preso sulle spalle quel figlio e non averlo mai ricusato. La paternità non è avere lo stesso gruppo sanguigno, i tratti somatici uguali, il carattere simile, appartenere allo stesso albero genealogico. La paternità è vestire un ruolo da rispettare e onorare sempre e non qualche volta. Quanti giovani padri oggi ripudiano i loro figli solo perché non sono pronti, non se lo aspettavano, non lo volevano, non era il momento. Spesso sono capaci di ritrattare anche l’amore pur di evitare un figlio. Molti rifuggono il ruolo per sentirsi eterni ragazzini. Il padre oggi è una figura latente e non si stenta a credere, come dice Papa Francesco, che se oggi Giuseppe avesse saputo di Maria che era in attesa di un figlio non suo, sicuramente avrebbe avuto bisogno dello psichiatra. Giuseppe rappresenta la fede silenziosa, il capire che l’ubbidienza è la prima regola per amare. Il padre ha una funzione fondamentale, è quello che permette, secondo Lacan, la costruzione della soggettività del figlio, staccandolo dal rapporto incestuoso con la madre e ad andare oltre. Interagisce tra i due, si inserisce nel rapporto e lo modera, lo modella, lo lima. Il padre fa emergere la soggettività dei vari componenti della famiglia mettendoli in relazione col mondo esterno. Giuseppe è il padre buono che sa ascoltare, che è paziente ed è presente. La difficoltà più grande di essere padre è quella di esserci sempre.
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