domenica 27 giugno 2021

Spaghetti alla Nerano


di Antonino Siniscalchi da Cucina a Sud 

Un «piatto povero» nobilitato dal principe Francesco Caravita di Sirignano; apprezzato da Eduardo; reso celebre da Tom Hanks nel 2016, quando durante la «Notte degli Oscar», lo ha citato come il suo «piatto del cuore». Una inspiegabile rarità per una località di mare, assistere al trionfo di una pietanza che rinnega qualsiasi base di pesce, vongole o cozze. Un piatto della tradizione locale, lo «Spaghetto alla Nerano», dal nome del borgo che sovrasta la spiaggia di Marina del Cantone, frazione di Massa Lubrense, pur nel golfo di Salerno, dove è ubicato il locale «Maria Grazia», dove è stata elaborata la prima ricetta e dove persiste una cultura del piatto che racchiude misteri e segreti che piaceva a Eduardo, ma anche a Totò.

 

Insomma, una scelta obbligata (o tacita, se volete) nel menu di ristoranti stellati e frequentati da vip del jet set internazionale. Un piatto con una storia lunga quasi settant’anni, che si rinnova puntuale con l’apertura ufficiale dell’estate, celebrando l’ennesimo trionfo degli spaghetti con le zucchine (o se preferite, zucchini) alla Nerano. E anche qui c’è una contraddizione linguistica che le origini contadine di Massa Lubrense e dintorni mettono tutti a tacere: zucchini o zucchine? No, «cucuzielli», come sono conosciuti dai coltivatori che li piantano a gò-gò nella terra baciata dal sole delle colline che dominano la Terra delle Sirene. Ma la storia, come nasce? Il mitico piatto, secondo la leggenda, fu elaborato, per la prima volta, per soddisfare le aspettative notturne di Francesco Caravita, principe di Sirignano, noto come Pupetto, in navigazione serale su un gozzo sorrentino cabinato, in rotta da Capri a Positano, in compagnia di amici francesi, nel ristorante «Maria Grazia», il locale in voga già negli anni Cinquanta del secolo scorso. Quella sera di primavera del 1952, quando, sul pontile di fortuna che collegava il mare ai ciottoli della spiaggia, approdò l’illustre ospite, la dispensa di Maria Grazia, accanto alla chiesetta di Sant’Antonio, era praticamente vuota. Nella grotta di tufo, attigua alla cucina erano rimasti le ultime zucchine dell’orto di famiglia, i residui di un caciocavallo (“‘a capa”), insieme a qualche altro spicchio di formaggi locali, pecorino (all’epoca gli allevamenti di greggi di capre e pecore erano ben rappresentati nei borghi di Termini e Marciano) e caciotta secca (antesignana di parmigiano e grana per guarnire ed insaporire i maccheroni), qualche rametto di basilico fresco coltivato in una vaso. Sicuramente non c’era il provolone del monaco, riscoperto solo negli anni Ottanta del Secolo scorso e, puntualmente, citato nelle ricette contemporanee. L’olio (o il burro), il sale, il basilico e gli spaghetti, appena scottati in padella, completarono gli ingredienti per allestire il piatto da servire al principe Pupetto ed ai suoi amici francesi. Quella sera, probabilmente, nacque lo spaghetto con zucchine (o zucchini) alla Nerano. Francesco Caravita di Sirignano, il mitico «Pupetto», che aveva assistito, passo dopo passo, alla realizzazione del piatto, con i semplici, residui formaggi della grotta di Maria Grazia, come complemento di quelle rondelle fritte che colorarono gli spaghetti al dente colorati dalle foglie di basilico spezzettate, rimase letteralmente estasiato da quella pietanza, tanto da raccontarlo nel suo peregrinare nei salotti vip e le piazze accorsate di Capri e delle due costiere. Anche a Marina del Cantone, ovviamente, la notizia si diffuse a macchia d’olio. Gli altri due o tre locali in attività all’epoca si attivarono subito per sperimentare la realizzazione di «spaghetti e cucuzzielli». Così nacque un’altra fonte di civetteria locale che alimenta tuttora il mistero degli ingredienti che racchiude questo piatto con la intricante leggenda che, evidentemente, suscitando fascino e curiosità, consolida la diffusione del piatto stesso. Un «piatto povero», capace di suscitare l’estro di Eduardo De Filippo e far dimenticare la dieta a Naomi Campbell nelle loro puntuali tappe enogastronomiche allo Scoglio. I segreti dello spaghetto con zucchine di questo storico locale di Marina del Cantone, la mitica Antonietta li ha trasmessi al nipote Tommaso De Simone. Alle pareti del ristorante rimane la dedica in versi di Eduardo: «Antunè, si cucina cume vogl’jo/io te paco cume vuò tu./Ma si paco cume vuò tu e nun magno cume vogl’jo/io te paco cume vuò tu,/me ne vaco e nun torno chiù!». Allo Scoglio Eduardo si fermava ogni volta che tornava alla sua isola, l’Isca, negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, per salutare l’amico Pappone, Aniello De Simone, il marito di Antonietta e assaggiare lo «spaghetto con i cucuzzielli». Lo Scoglio, tappa privilegiata del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, quando lascia il suo eremo caprese, ha ospitato negli anni Gianni Agnelli e Lucio Dalla, Luca Cordero di Montezemolo e Jean Alesi. Naomi Campbell aveva familiarizzato con la compianta Antonietta tanto da chiamarla «Mamma», accettando qualsiasi piatto le proponesse, lo spaghetto alla Nerano, innanzitutto. Qualche anno fa si ritrovarono allo stesso tavolo Bruce Springsteen e Steven Spielberg, ovviamente, davanti all’immancabile spaghetto alla Nerano. I giornali americani impazzirono per le immagini della combo improvvisata e l’assalto dei fan sulla spiaggia a cantare «Born in the Usa». Qui sono passati anche Danny De Vito, Bill Gates e Jean Todt, Lapo Elkan, lo stilista Brian Atwood e Tom Hanks. E qui il mito diventa celebrità. Un piatto che ha conquistato tutti i turisti che arrivano a Marina del Cantone, la spiaggia del borgo Nerano, è stato decantato a livello internazionalmente e reso celebre nel 2016, quando durante la Notte degli Oscar, proprio Tom Hanks lo ha citato come il suo «piatto del cuore». «Siamo anzitutto orgogliosi di fare da ambasciatori di quello che è un piatto che è parte del Dna culturale della nostra terra – afferma Mariella Caputo della “Taverna del Capitano” - perché è parte della nostra storia in cucina, la cucina delle nostre famiglie a Nerano». Un piatto, la cui ricetta, si tramanda ti generazione in generazione. «Io – aggiunge Alfonso Caputo, chef del ristorante “stellato” fondato dal padre Salvatore - ho imparato a cucinare da mia mamma Grazia, così come lei da mio nonno. Si tratta di un piatto semplice anche se non deve esser banalizzato come un normale, seppur buonissimo, piatto di pasta e zucchine. Un piatto che è espressione in tutto e per tutto della nostra terra, perché è realizzato con gli spaghetti della celebre tradizione pastaia gragnanese, le meravigliose zucchine che crescono nei nostri orti, inondate dallo iodio e dalla sapidità del mare, che è lì a due passi, e i meravigliosi formaggi che si producono sui vicinissimi Monti Lattari». Poi, una rivelazione, sorprendente da Alfonso Caputo, definito il «cuoco pescatore» perché conosce angoli e anfratti dove nidificano polpi e murene. «Vi svelerò un segreto che vi stupirà – sottolinea Alfonso -, pur non raccontandovi qual è il mix preciso dei 4 formaggi che si usano, perché a casa potrebbero non esserne felicissimi: rispetto a quanto viene raccontato, non va utilizzato il provolone del monaco. Alla “Taverna del Capitano”, noi lo realizziamo usando solo la migliore pasta di Gragnano Igp o spesso una nostra trafila di pasta fatta in casa, utilizzando zucchine coltivate dai nostri contadini tra Nerano e Massa Lubrense e selezionando i 4 formaggi tra quei produttori che nell’area governano l’intera filiera con un approccio sostenibile e artigianale, dalla produzione del latte alla sua trasformazione». Una innovazione nel rispetto della tradizione. «Per me – conclude Alfonso Caputo - è un piatto che, nonostante la predilezione a modernizzare la tradizione gastronomica in chiave creativa, insieme al pesce azzurro, che molti anni fa veniva considerato da tutti come un pesce povero, non può mancare nella mia carta perché è espressione del territorio che racconto, quello in cui affondo le mie radici culturali, attraverso il mio linguaggio: la mia cucina». Tra i segreti svelati nella preparazione del piatto, meritano la massima attenzione, i suggerimenti di Antonio Mellino, altro chef stellato di Nerano e dintorni con i «Quattro passi». Il cuore di questo piatto sono le zucchine da cui nascono due rischi: Il primo è costituito dalla tendenza dolce esaltata dall’amido rilasciato dalla pasta con la concreta possibilità di fare un piatto seduto, della fame e non del gusto. A questo inconveniente si oppone rimedio con il basilico, l’uso sapiente dell’aglio, la spolverata di provolone del monaco «semistagionato» che, avendo caglio di capretto, ha una nota piccante adeguata. In alternativa un buon caciocavallo di latte vaccino. Il secondo rischio è trovarsi nel piatto zucchine «arrepecchiate» (ingrinzite, esauste) dalla frittura, senza colore e magari addirittura con la buccia annerita. Questo errore, il più diffuso nella cucina partenopea, può essere evitato con alcuni facili accorgimenti. A cominciare dal momento più delicato dal quale dipende tutto il piatto: il taglio della zucchina, necessariamente a rondella molto sottile, per ottenere una frittura omogenea e rapida. Dopo la frittura, sempre in abbondante olio extravergine, bisogna asciugare le zucchine. Poi, questo è il segreto di Antonio Mellino, passarle in acqua bollente per qualche secondo prima della mantecatura. In tal modo si rigenerano riassorbendo l’acqua che hanno perso e sono pronte a catturare gli umori del piatto dal quale altrimenti restano slegate. Un errore coperto in genere da troppo formaggio o, peggio, dal burro, trasformando così una ricetta solare e fresca in una «pappetta albina». Locale che vai, usanze che trovi. C’è un segreto anche per Salvatore Pinto, glissa con un sorriso. «La combinazione giusta tra i formaggi che caratterizzano il piatto», taglia corto il giovane chef dell’Africano, altro punto di approdo sicuro per una originale porzione dello «spaghetto alla Nerano», quasi settant’anni di storia e leggenda. Un «piatto povero» nobilitato dal principe Francesco Caravita di Sirignano; apprezzato da Eduardo; reso celebre da Tom Hanks come il suo «piatto del cuore». A questo punto è doverosa la ricetta. Ne proponiamo due, lasciando all’estro e alla fantasia ai fornelli la scelta o la combinazione del mix.

LE RICETTE

Alfonso Caputo – Taverna del Capitano

Ingredienti

320 grammi di spaghetti (io preferisco i vermicelli)

80 g di burro

500 g di zucchine

3 cucchiai di formaggi misti (qui è il segreto su cui dovete lavorare, la miscela giusta è una sorta di liquer d'expedition del piatto e ognuno si tiene per sé la formula).

basilico, sale e pepe

olio

Preparazione

Tagliate le zucchine a rondelle sottili

Friggetele in olio abbondante e bollente

Scolatele e fatele asciugare alla perfezione per evitare che il piatto risulti oleoso

Cucinate la pasta al dente

In una teglia sciogliete il burro e aggiungete le zucchine

Mantecate la pasta e le zucchine con i formaggi fino ad ottenere un insieme omogeneo

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Antonio Mellino – Quattro Passi

Ingredienti per 4 persone

400 grammi di spaghetti o mezzi vermicelli

700 grammi di zucchine, diciamo una piccola a testa

Olio extravergine d'oliva

Aglio

Sale

Pepe nero

200 grammi di provolone del monaco grattugiato grossolanamente

Quattro o cinque foglie di basilico tagliate a mano

Preparazione

Tagliare le zucchine sottili, friggerle in olio extravergine d'oliva, asciugate su carta assorbente. Nel frattempo avrete messo a cuocere la pasta e preparato una base nel tegame di mantecatura facendo rosolare un paio di spicchi d'aglio in sei cucchiai d'olio d'oliva, stando bene attenti a non raggiungere mai il punto di fumo, sino a quando gli umori non saranno stati scaricati per bene. Togliete dal fuoco. Immergete per qualche secondo le zucchine in acqua bollente, passatene una parte, diciamo un terzo, per avere il gioco della doppia consistenza, aggiungendo un pizzico di sale e un filo d'olio crudo e versate il contenuto nel tegame dal quale avrete tolto l'aglio. Scolate la pasta al dente, rimettete il tegame con le zucchine passate e a rondelle su fuoco lento, aggiungete gli spaghetti e mantecate un poco ravvivando la fiamma. Togliete dal fuoco, aggiungete il provolone del Monaco e fatelo assorbire dalla pasta. Impiattate aggiungendo pochissimo pepe e il basilico.


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