giovedì 19 settembre 2024

Cara Mehari...

19 settembre 2018 - la Mehari di Siani a Vico Equense
Ricordando Giancarlo nel giorno della sua nascita.

di Filomena Baratto 

Cara Mehari, tu e Giancarlo eravate inseparabili. Chissà quante volte ha innestato le tue marce facendoti correre per arrivare in tempo o per andare in giro per le indagini. E tu obbedivi rendendoti amabile nella guida. Se potessi parlarci di lui, la tua testimonianza sarebbe la più emozionante e la più aderente ai fatti. Gli inquirenti ti hanno rivoltato come un calzino nella speranza che i segni, all’interno del tuo abitacolo, svelassero più di quello cui sono giunti. Quante volte sarai finita in sosta vietata, nel bel mezzo della strada, in vicoli stretti, in posti malfamati, o quante volte ti avrà strattonato e, in situazioni di calma, avrà ammirato un panorama, letto una frase sul giornale, appuntato una notizia, un numero di telefono, ascoltato canzoni. E tu, sempre ai suoi ordini, ubbidiente, senza opporti, devota e silenziosa. Sicuramente lo avrai accompagnato anche in luoghi più ameni, dove trovava ristoro e riposo, come qui a Vico Equense. Cara Mehari, questo posto ti è caro così come a Giancarlo che veniva qua per la sua Daniela. Quanto amore avrà sacrificato per il dovere, quanti momenti in famiglia, quanti amici lo avranno visto così poco tempo per dedicarsi al lavoro. Avrai ascoltato la sua voce mentre cantava, le sue parole al telefono, presagito i suoi stati d’animo, capito l’umore da come guidavi. Sai tutto di lui, anche della sera in cui fu assassinato. Avrai pianto forse con lacrime a noi sconosciute, lasciando cadere al suolo acqua, gasolio, con disperazione e paura.

 

I circuiti non avranno più risposto ai comandi ma alla tua collera, impotente davanti alla crudeltà cui assistevi. Dal giorno della sua morte anche tu hai subito un arresto, i colpi inferti a Giancarlo sono stati anche tuoi. Uno scempio! La pompa di aspirazione chiedeva al motore, la batteria si sarà esaurita a suonare e i fari disperati nell’intento di fulminare gli assassini. Nella pelle dei sedili, sul cruscotto e tra lo sterzo rimbombano ancora i colpi, tutti e dieci, che ancora oggi ne rimandano gli echi. Ed eri sola ad abbracciarlo quando si accasciò. Hai chiesto aiuto con qualche rantolo di voce rimasto, prima che arrivasse qualcuno a testimoniare il tuo e il suo giorno più tragico. E’ stato troppo chiederti di vegliare tu sola su di lui negli ultimi momenti e lì ti sei fermata anche tu e non avresti immaginato che, sulla strada di casa, lo avresti condotto alla morte. Se invece, per una volta, fossi stata disubbidiente, avresti potuto condurlo in giro per la città, sul lungomare, a mangiare una pizza, trattenerlo nel traffico. Così facendo le ore piccole, l’alba lo avrebbe sorpreso e la luce del giorno mandato a casa gli assassini. Sei morta anche tu quel giorno. Ora ti resta solo il colore della speranza. Il tuo verde è come una bandiera, quella della libertà. Tornerai nella città in cui Giancarlo amava venire. Quell’amore ti riporta qui, l’unico richiamo cui tu non hai potuto resistere. Quando l’amore chiama bisogna correre e tu, cara Mehari, ritorni qui. Giancarlo ti vuole proprio lì di fronte a lei, come allora, come se un vento ora spirasse e avvicinasse quei due giovani che hanno visto finire troppo presto i loro giorni ma non il loro amore. Forse proprio le loro anime, di comune accordo, come fiori recisi che gridano alla vita, hanno chiesto e ottenuto che tu venissi qui: loro complice, amica, testimone. O Mehari, se tu potessi parlare, se non fossi solo una carrozzeria assemblata ma avessi conservato la memoria e potessi raccontarci… Ma a cosa servirebbe se loro due non ci sono più? Ora il tuo compito è di andare in giro come se Giancarlo fosse ancora al posto di guida, con la gioia di vivere dentro e tanto ancora da fare. Sei quel che resta di quel giorno e anche se non corri più come allora, ne dovrai fare di strada in nome della libertà e di quel giovane che per tutti noi non è mai morto. Se qualcuno voleva zittirlo, non c’è riuscito, poiché il suo ricordo, il suo sorriso, la sua voglia di vivere saranno come la spada più affilata che trafigge i loro petti. Vai, cara Mehari, per raccontare a tutti che Giancarlo è vivo più che mai. E tu, come allora, lo accompagni.

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