Francesco Vanacore |
L'INCHIESTA
di Melina Chiapparino e Leandro Del Gaudio - Il Mattino
Sulle chat commentavano in questo modo la loro impresa: «Quello sta "scommato" di sangue! Il naso non so se l'è rotto o no, poi si è buttato a terra, non sappiamo se ha avuto un infarto, è rimasto una mezzora a terra, dove gli hanno fatto un certo tipo di lavaggi, ora sta ricoverato, non sappiamo se sta in terapia intensiva, speriamo che non succede niente». Parole a caldo, fissate in una chat che univa i colleghi vigilantes, pochi minuti dopo un vero e proprio pestaggio. È lo scorso otto aprile, siamo in via Pansini, ingresso del secondo Policlinico, quando va di scena il dramma. Ricordate la storia? Il paziente chiedeva di entrare con l'auto (guidata da un parente) fino alle scale dell'ospedale, ma di fronte al no dei vigilantes, sollevò le proprie rimostranze. Avrebbe anche aggredito uno degli agenti di guardia, brandendo una mazza da scopa, fino a subire una rappresaglia violenta: quattro agenti lo avrebbero massacrato di botte.
I NOMI
Per questa vicenda ieri sono scattati gli arresti ai domiciliari per Gennaro Russano, Vincenzo D'Aiello, Antonio Perfetto, Francesco Lizza. Decisive sono le indagini condotte dai carabinieri della compagnia Vomero e Marianella, sotto il coordinamento del pm Mariangela Magariello e dell'aggiunto Pierpaolo Filippelli, che hanno ricostruito movente e responsabilità del pestaggio. Concorso in omicidio preterintenzionale pluriaggravato per la morte di Francesco Vanacore (aveva 62 anni), che aveva tentato di farsi accompagnare all'interno della cittadella universitaria federiciana.
IL RETROSCENA
Una storiaccia, all'insegna della violenza gratuita. Assistiti dal penalista Luigi Petrillo, i parenti della vittima chiedono giustizia, rimarcando un concetto su tutti: quel giorno, Vanacore doveva sottoporsi ad una serie di accertamenti, probabilmente era preoccupato per le proprie condizioni di salute. Ma cosa accadde quel giorno? Ci fu la richiesta di passare in auto da parte di un paziente, ma di fronte alla contrapposizione dei vigilantes, scoppiò una lite insensata. Da un lato la richiesta di un documento che attestasse le condizioni di salute del paziente, dall'altro il senso di impotenza di un paziente che batteva su un punto in particolare: «Non ce la faccio ad arrivare fino al mio padiglione, non mi sento bene, chiedo di essere accompagnato in auto». Poi la lite. A leggere le chat tra i dipendenti, Vanacore avrebbe messo a segno la prima mossa, brandendo una mazza da scopa trovata nei pressi della guardiola dove lavoravano i vigilantes. Spiega ai pm Gennaro Russano: «Mi aveva chiesto di fare accesso presso la corsia del Policlinico, ma non mi aveva spiegato che fosse un paziente cardiologico. Era privo di autorizzazione, quindi gli impedii di circolare in auto. Mi ha minacciato di scendere dall'auto e di uccidermi. La donna e l'accompagnatore alla guida hanno inutilmente tentato di bloccarlo, ma lui ha fatto in tempo a raggiungere una fioriera, dove aveva scorto una spranga (o una mazza da scopa) colpendomi al braccio e al fianco. Poi sono giunti i colleghi Perfetto, Lizza e D'Aiello». È a questo punto che sarebbe scattato il pestaggio, con un'azione decisamente sproporzionata. Lo ha scritto il gip del Tribunale di Napoli Nicola Marrone, a proposito dell'uso abnorme di violenza sfoderata nei confronti del 62enne, anche quando era riverso a terra. Una vicenda che conferma l'eccesso di tensione nervosa all'esterno dei principali ospedali cittadini, come emerge anche dai ripetuti episodi di violenza dentro e fuori le corsie dei nostri nosocomi.
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