martedì 8 maggio 2018

L'uva di Sabato: Vico ne è ricca

di Filomena Baratto

Vico Equense - Secondo Plinio il Giovane, per trattare di un luogo bisogna conoscerne le erbe e prima ancora discutere dei suoi vini. Se nel vino c’è l’essenza del luogo possiamo dire che la Campania tutta è la Patria di Bacco. La tradizione vuole che siano stati gli Etruschi a portare in Italia, dall’Asia Minore, la coltivazione della vite. Di sicuro furono i detentori di molte conoscenze sulla viticoltura, soprattutto nell’Italia centrale e parte delle coste francesi. La vite ha un’origine antica, se ne parla già nel Vecchio Testamento con Noè, al quale spetta di aver bevuto vino dopo il Diluvio da una pianta ricca di grappoli. Molto probabilmente dalla sommità dell’Ararat, il monte su cui riparò il Patriarca, la vite passò in Grecia attraverso i Fenici, e dalla Grecia si diffuse in tutte le terre fertili del Mediterraneo. La Campania è forse la regione dal clima più mite per la coltura della vite. I Greci portarono i loro filari sulle coste e da allora i vitigni hanno dato origine a una varietà di uve e di vini che ancora oggi rappresentano la ricchezza delle nostre cantine. Plinio aveva ragione. Nella coltura, nella cura e nel saper gustare il vino si conosce il carattere e la natura di un popolo. Il clima dolce e il terreno ricco di humus e ben drenato rappresentano ciò di cui ha bisogno la vite. Il vitigno più coltivato è quello di Sabato, nome dall’oscura origine. E’ un vitigno forte che ben si adatta a questo clima e terreno, ben radicato in tutta la costiera, in particolare nel territorio di Vico Equense.
 
Una passione per l’uva di Sabato è nata lentamente, incuriosendo e solleticando i coltivatori del posto per un vino non solo gustoso ma anche terapeutico. Nasce soprattutto da ceppi resistenti moltiplicati per propaggine, interrandone un ramo per crearne un altro, che ne fanno la coltivazione più importante della zona. I suoi grappoli sono succosi e carichi, dalle forme coniche e allungate, dal colore viola intenso, tendente al blu notte. Secondo alcuni, la sua denominazione deriva da un carico di vitigni arrivati dalla Grecia nel porto di Napoli in un giorno di sabato. Secondo altri, l’uva maturava nella sesta epoca come voleva la tradizione romana, tradotto quindi nel sesto giorno, cioè di sabato. Predilige terreni drenati come quelli collinari, salendo verso Moiano e trovandone già all’altezza di Bonea, mentre dalla parte opposta alla Raffaele Bosco, se ne trovano a Fornacelle, scendendo anche a Seiano fino a Montechiaro. A Fornacelle ci sono ancora piante avvinte agli alberi, lì da tempo, in terreni poco sfruttati, magari poderi incolti o espropriati in attesa di essere trasformati. Le piante si sono mantenute nel tempo producendo vino senza alcuna cura, solo col sostegno degli alberi che fanno da tutori. Le colline vicane detengono il maggior numero di vitigni della penisola, proliferati nel tempo, viste le virtù dei suoi vini con benefici a favore dei vasi e del cuore. Si è moltiplicata per innesto, appassionando i viticoltori che hanno fatto della loro passione un lavoro. Ci sono tutti i fattori per un vino di qualità come la fertilità del terreno, l’esposizione delle terre, la cura e la resistenza del vitigno. Nessuna terra è baciata dal sole e ventilata da dolci brezze provenienti dal mare come le colline equane. Il vino di Sabato raggiunge i 12 gradi, dal colore rosso intenso, sapore corposo, che ben si sposa alla cucina del luogo e mette d’accordo nutrizionisti e buongustai con il beneplacito dei medici. I tanti coltivatori della zona dovrebbero unirsi in consorzio per non disperdere la produzione per un fabbisogno esclusivamente familiare o, come talvolta accade, mescolando l’uva con altre di provenienza diversa, dandole un’identità ibrida. Vico potrebbe essere la patria dell’uva di Sabato, dandole un marchio che ne protegga la qualità come per la pizza. Non basta la passione, bisogna che essa si trasformi in arte per poi farne un lavoro. Potrebbe rappresentare un investimento per i giovani che sanno apprezzare i frutti della loro ricca e fertile terra e trarne una attività per il futuro. Bisogna fare leva sulle ricchezze del territorio per non perderle e trasformarle poi in eccellenze. E forse nel tempo, unita alla pizza, chissà che non possa esserci anche la festa del vino di Sabato offrendo un buon bicchiere di vino delle cantine vicane che nel tempo hanno conservato i segreti e l’arte del vino. E’ tempo di trasformare la coltivazione di vitigno in qualcosa di maggior rilievo e aspettativa.

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