venerdì 5 settembre 2008

Crisi dei partiti o crisi del sistema?

Caro direttore, in questi giorni la stampa ha dato ampio risalto alle dichiarazioni relative all'operato della Giunta comunale di Napoli prima del leader degli industriali. A cui hanno fatto seguito le inusitate bordate in stile «fuoco amico» di esponenti della Giunta regionale, accompagnate, infine, da autorevoli interventi di intellettuali sempre attenti ad analizzare gli errori dei politici come altrettanto poco inclini ad impegnarsi direttamente. Le critiche, per certi versi giustificate e comunque legittime, sono il risultato di un sistema di governo basato su forte personalismo che il post Mani Pulite e la crisi dei partiti storici avevano reso quasi ineluttabile come soluzione per tamponare una crisi della credibilità dei partiti che pareva allora definitiva. La guida personalistica della amministrazioni — a tutti i livelli — ha ora il fiato corto e i fatti lo dimostrano. Le accuse di questi giorni e le difficoltà amministrative sono un dato di fatto che origina non da colpe dei partiti ma, anzi, dal loro progressivo esautoramento dalle scelte e dall'impossibilità manifesta di svolgere quel prezioso ruolo di anello di congiunzione fra istituzioni e cittadini che il sistema democratico assegna loro. Troppi in questi anni i momenti delle scelte solitarie, poche, di converso, le occasioni per i partiti per esprimere una linea programmatica da affidare agli amministratori. Così sono proliferati a dismisura i consulenti e gli assessori «tecnici» che poi di tecnico nella sostanza hanno solo l'etichetta, visto che in ogni caso nessuno di loro, benché meno Velardi e D'Antonio, sono atterrati da Marte. Niente contro le libere associazioni, fuori o dentro il partito. Altra cosa è, però, se coloro che costituiscono queste associazioni sono legati, oltre che da modalità di pensiero analoghe, anche da una sostanziale posizione di potere. Ovviamente, questo fatto non può e non deve essere una limitazione alla libertà di ciascuno di aderire ad un'iniziativa politica rispettabile e per certi versi utile alla vita di un partito in via di consolidamento come il Pd. Peraltro, assistiamo al paradosso di chi dopo aver messo a soqquadro le istituzioni dichiara candidamente che mai e poi mai si sottoporrà al giudizio degli elettori — unica vera verifica del proprio operato — auspicando la nascita di liste civiche come soluzione ai guasti della partitocrazia. Ma quale partitocrazia? I partiti sono da anni una sorta di cartelli elettorali svuotati di vita democratica interna dalle cooptazioni dall'alto e fuori dalle scelte importanti. Il lento e difficoltoso processo di costruzione del Pd ha favorito nell'ultimo anno un malcostume, peraltro ben radicato, di nominare come assessori personalità che, però, lasciano gli enti amministrati più poveri di progettualità mentre i «nominati» spesso vanno via complessivamente più ricchi. Piuttosto, c'è da interrogarsi sul perché di uno scarso appeal di consenso da parte di chi gestisce i nostri enti locali da tanti anni. Ecco, per concludere, la missione che dobbiamo affidare a noi stessi, come classe politica nella sua generalità. Pd ma anche il nascente Pdl — ammesso che nasca mai — devono riconquistare, in Campania più che altrove, il ruolo centrale e fondamentale di luogo dell'elaborazione politica che il sistema democratico affida loro. (Pasquale Sommese da il Corriere del Mezzogiorno)


La grande fuga dei campani
Napolionline - la citta vista da dentro - venerdì 05 settembre 2008



1 commento:

Anonimo ha detto...

Crisi dei partiti? Crisi del sistema? Io direi pittosto crisi della società civile e la diostrazione sta proprio nel fatto che sono costretto dal mio partito a votare uno come Sommese, il re dell'intrallazzo, degno rappresentante della classe politica (se ancora così la possiamo chiamare) più bieca.
Ma che scherziamo???