martedì 23 ottobre 2012

Giuseppe Iaquinta: Un medico-scrittore ospite del gruppo culturale “Il caffè delle Muse”

Sorrento - Domenica 21 ottobre allo Square bar di Piazza Angelina Lauro il simpatico dottor Giuseppe Iaquinta ha presentato il suo gioiello “L’asino alla Finestra e il vitello sul campanile – Rapsodia Lucana”, libro fortemente autobiografico e ricco di vita e verità, grazie al gruppo di promozione culturale Il caffè delle muse, animato dal dottor Carlo Alfaro. Il romanzo è la storia di un "viaggio", prima di tutto fisico-il protagonista assieme ai suoi fratelli torna dopo quasi 50 anni nel paesino della Lucania, Vietri di Potenza, in cui avevano trascorso i primi anni della loro vita, con l’intento di ricomprare il piccolo terreno che i genitori erano stati costretti a vendere andando in cerca di fortuna a Napoli, quando lui aveva solo 8 anni- ma soprattutto nella memoria, in quanto alla"cronaca" della giornata, il "presente" - la trattativa con i proprietari- si alterna il tuffo nei ricordi del passato, che affiorano man mano riportando alla luce un mondo contadino che non c'è più, un mondo povero, ma genuino e solidale, pullulante di figure piene di calore umano.

Di alcuni stralci del testo, un racconto autobiografico non privo di spunti favolistici, è stata data bella lettura dalle voci degli attori Marco Cannavacciuolo e Diego Fabi, che hanno fatto immergere il pubblico nei ricordi d’infanzia dello scrittore, dipinti “a pastello” e contornati da tante vicende dell’antica e nobile civiltà contadina. L’approfondita intervista di Carlo Alfaro ha permesso di mettere a nudo il percorso umano, creativo e professionale dell’autore, il suo rapporto con il tempo, la vita, i giovani, la città e la campagna, la famiglia, i libri, le crisi. Il valore del romanzo è sia letterario, per il recupero di un linguaggio prezioso e perduto, nei dialoghi in lucano antico, sia morale-educativo, per il richiamo ai valori della famiglia, delle tradizioni, della natura, sia storico, per la riproduzione di un’epoca e delle usanze e riti contadini, tanto è vero che è stato adottato come libro di testo in una scuola napoletana. Il libro è un susseguirsi di ricordi di vita vissuta, di vita contadina: la vendemmia, la lavorazione della terra, la mietitura, le feste religiose con le processioni, le messe, la banda, le bancarelle, il rosario. E il piccolo “eroe” lucano, gioca con Santi in processione, con l’argilla, ranocchie, gatti e granchi. Con le pietre schiacciate gioca a “stàcce”, una specie di gioco delle bocce, e la sua “moneta” sono gli ossi di “vernecoccole”, le nostre albicocche. Tutto il libro è raccontato con l’innocenza di un bambino; anche per questo il mondo che viene riportato alla luce in alcuni casi assume alcuni connotati favolistici, proprio perché i ricordi sono smussati, ammorbiditi e filtrati dagli occhi di chi non è stato ancora “contaminato” o “indurito” dalla vita. Anche il titolo evoca ricordi d’infanzia: “La casa dei nostri vicini aveva un grande stanzone con un camino, intorno al quale ci riunivamo tutte le sere; In questo “salotto” si apriva una finestra dalla stalla adiacente. E la sera, mentre noi tutti eravamo lì ad ascoltare i racconti degli anziani e a recitare interminabili rosari, anche l’asinello si affacciava e partecipava al nostro dopocena. “Il vitello sul campanile” era invece un racconto letto da un bambino, figlio dei vicini. Questi ricordi d’infanzia, scritti “a pastello” e immersi in una atmosfera fiabesca, sono contornati da tante note anche di rilevanza sociologica: il dramma dell’emigrazione, della povertà, della superstizione, della malattie e della morte; l’antica e nobile civiltà contadina che va scomparendo con i suoi usi e costumi e il suo dialetto. Iaquinta rientra a pieno diritto nella categoria dei i medici-scrittori che hanno fatto grande la storia della letteratura mondiale, a testimonianza dello stretto legame tra scienza e anima, esperienza e cultura.

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