giovedì 25 dicembre 2014

Campania quanti errori, dal condono alla sanità

Fonte: Giuseppe Guida da la Repubblica Napoli

"L'utilità dell'inutile" è il titolo di un piccolo saggio scritto da Nuccio Ordine ed edito da Bompiani, che può essere efficacemente utilizzato per tracciare una cornice di senso all'apparentemente ingenua uscita del presidente della Regione Caldoro sull'oramai inevitabile, secondo lui, abolizione delle Regioni dall'ordinamento italiano. Com'è noto, il dibattito innescato da Caldoro ruota sulla necessità di superare gli organismi regionali per convergere, nel caso del Sud, verso un'unica macro-regione meridionale, in grado di meglio interpretare le esigenze dell'area geografica del Mezzogiorno, captare meglio i fondi europei e incidere più adeguatamente sulle politiche di coesione. La riflessione può apparire fuori centro, visto il pulpito, ma a bene vedere è una trovata essenziale nella querelle elettorale, oramai pienamente avviata, anche nell'ancora incerto campo del centrosinistra. Ma per quale motivo le Regioni sarebbero oramai inutili? Com'è noto gli enti regionali furono istituiti un po' controvoglia nel 1970, con un ritardo di più di vent'anni rispetto a quanto previsto dalla Costituzione. Solo con il Decreto 616 del 1977 acquisirono le prime funzioni delegate specifiche e avvenne un effettivo trasferimento di alcuni poteri direttamente operativi, poi ampliati con ulteriori decentramenti di funzioni e compiti amministrativi, compresa la nota riforma del Titolo V della Costituzione.
 
Dopo il rodaggio degli anni Ottanta, servito solo a partorire le indolenti e sovradimensionate macchine amministrative attuali, la crisi delle Regioni è scoppiata anche a seguito della grande abbuffata degli anni Duemila, dove una pericolosa convivenza tra lo sperpero e l'inutilizzo dei fondi europei ha fatto emergere una debolezza strutturale nel funzionamento di questi enti, che reclama interventi non più procrastinabili. La delega alle Regioni ha consentito, sostanzialmente, una deresponsabilizzazione del potere centrale anche nei confronti dell'Europa, con la possibilità di poter scaricare su enti apparentemente "terzi" le defaillance e i bug di un sistema solo sulla carta rispettoso delle normative italiane e comunitarie. Gli ultimi anni, accompagnati anche dalla crisi globale, hanno fatto emergere quello che era abbastanza noto: gli enti regionali sono un concentrato di interessi, spesso in conflitto ma convergenti nell'essere il simbolo bulimico della spesa pubblica, delle infrastrutture "su ordinazione", di sostegno amicale e, soprattutto, di un'impalcatura economico-sociale del consenso elettorale. Il tutto nascosto in un'autonomia istituzionale utilizzata per tenere a bada regole e controlli, non certo per valorizzare gli aspetti identitari delle singole realtà geografiche. Enti, quindi, non solo utili, ma fondanti in un quadro partitico e politico debole in continuo movimento e privo di qualità. In questo senso, se il centrosinistra vorrà riposizionarsi di nuovo in un ruolo di governo in Regione Campania, dovrà farlo anche ricostruendo e sistematizzando quello che è successo negli ultimi anni. Suggerendo, già nella fase di elezioni primarie, una riflessione critica ed indirizzi nuovi. Non a caso, oltre al sistema sanitario, diventato uno dei più grigi ed iniqui, ponendo cittadini di regioni diverse a livelli diversi di assistenza, è stato il governo del territorio e il mettersi a servizio della speculazione edilizia di piccolo e medio cabotaggio, uno dei più utili campi d'azione delle Regioni. In Campania, ad esempio, ad una mediocre legge regionale urbanistica, alla debolezza di un sistema di pianificazione territoriale e all'abbandono della redazione di un serio piano paesaggistico regionale, hanno fatto da contrappunto normative in deroga che, tra l'altro, non hanno nemmeno prodotto quel rilancio dell'economia a spese del paesaggio, che pure sconsideratamente si auspicava. Anche il finto condono, propinato qualche mese fa da Caldoro e dai suoi assessori al ramo, è stato utilissimo da un punto di vista elettorale, ma limitato quanto a risultati concreti. La Regione che Caldoro vorrebbe abolire, quindi, è un sistema in molti casi privo di briglie, molto poco utile ai cittadini che tra poco saranno chiamati a votare, ma fruttuoso per la sopravvivenza di un sistema politico particolarmente "debole" come quello campano. Per parafrasare Nuccio Ordine, è dell'inutilità dell'utile che bisognerebbe discutere per capire il vero senso di un ente dal futuro incerto.

1 commento:

GIUSEPPE GUIDA ha detto...

si è pienamente d'accordo con il governatore Caldoro, non è più sopportabile che le regioni d'Italia non vengano accorpate e create le macro regioni: quanti più enti pubblici vi sono tanti più corrotti girano nella società. Bastano cinque macroregioni, abolire completamente le province ed accorpare immediatamente i Comuni; questo si deve fare e subito per risparmiare miliardi di spese inutili.
a presto !!!! altrimenti ci penserà la dittatura !!!!.