Luigi Di Maio |
Fonte: Francesco Romanetti da Il Mattino
Carino. Lindo e pinto. Perfettino. «Non è cambiato per niente, era così già alle elementari», raccontano a Pomigliano d'Arco. «Pure il taglio dei capelli, neri neri, era più o meno lo stesso». Allora grembiulino pulito, fiocco e zainetto. Più tardi «sempre ben curato, mai stravagante nel look», come lo ricorda una sua ex insegnante di Italiano del liceo. Oggi abitino blu d'ordinanza, cravattina sempre ben annodata, mai neppure un colletto della camicia fuori posto. Comprereste un'auto usata da questo giovanotto dal sorriso gioviale e dai modi garbati? Ma sì, come non fidarsi. Vada per l'auto usata. Il fatto però è che la domanda è un'altra: affidereste alle sue mani le sorti dell'Italia? Lo vedreste addirittura come primo ministro? «Non ha mai amministrato neanche un condominio», osservano i detrattori. «E che vuoi dire? - ribattono i fans - Tutti i Cinque Stelle quando sono entrati in Parlamento non avevano alcuna esperienza nelle istituzioni politiche; e sono stati scelti proprio per questo». «Io prego per lui, perché possa conservare intatti gli ideali che ha nell'animo», assicura don Peppino Gambardella, il parroco della chiesa di San Felice. «Lui primo ministro? Suvvia, non scherziamo. È uno che sbaglia i congiuntivi e confonde il Cile di Pinochet con il Venezuela. Sentite a me: il ragazzino si presenta bene, ma la sua è un'immagine costruita in laboratorio. Ed è un'immagine venuta anche male», sogghigna Leilo Russo, sindaco di Pomigliano. Ma chi è, da dove salta mori Luigi Di Maio, detto Gigino dagli amici, Luigiotto in famiglia, torta di compleanno con 31 candeline tagliata appena il 6 luglio scorso?
Della sua spettacolare e fulminea parabola politica, in fondo, si sa tutto quel poco che si deve sapere; deputato dal febbraio 2013 e subito dopo vicepresidente della Camera- il più giovane della storia d'Italia - dal 21 marzo 2013. Tutto qui. Tutto in un baleno. Ma pare proprio che il ragazzo ne farà ancora di strada. Lanciatissimo. Già dal novembre 2014 è uno dei cinque prescelti per il Direttorio (organismo dirigente dei Cinque Stelle, gli altri quattro sono Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia). E, soprattutto, come sembra scritto ormai da tempo dall'accorta regìa di Beppe Grillo e della Casaleggio Associati, sarà lui - Gigino - ad essere incoronato candidato-premier alla kermesse del Movimento Cinque Stelle, in programma a Rimini dal 22 al 24 settembre. E così la domanda che da l'azzeccato titolo al libro che ne celebra le imprese (poche per la verità, se non altro per motivi anagrafici) - «Di Maio chi?» - scritto dal giornalista Paolo Picone, anche lui grillino e conterraneo del potente Gigino, è una domanda che rimane tutta in piedi Piazza Primavera, la piazza principale, a Pomigliano d'Arco resta piazza Primavera. Nel senso che continuano a chiamarla tutti così. Anche se da ormai tre anni è piazza Giovanni Leone, intitolata nel 2013 al giurista e uomo politico democristiano che fu Presidente della Repubblica. E che a Pomigliano era nato. Altri tempi, altri uomini, altre storie. Comunque sia, è in questa piazza che un giovanissimo Luigi Di Maio muove i suoi primi passi da grillino, una decina d'anni fa: banchetti per petizioni, raccolta di firme, organizzati insieme con l'amico Dario De Falco (poi candidato sindaco senza successo per i Cinque Stelle) e con Valeria Ciarambino, anche lei pomiglianese (oggi capogruppo M5S alla Regione, è la «chiattona» che da filo da torcere al governatore Vincenzo De Luca). Per il resto, la striminzita esperienza politica di Gigino Di Maio passa attraverso i banchi di scuola: rappresentante degli studenti (eletto in una lista contrapposta a quella di sinistra), una battaglia per dare una sede nuova e dignitosa al liceo classico «Vittorio Imbriani», lino ad allora ospitata negli appartamenti di un palazzo. Una battaglia alla fine vinta. «Luigi fu uno dei più attivi. Si inventò lo sciopero pomeridiano», ricorda Antonio Cassese, insegnante di storia e filosofia ora in pensione, uomo di sinistra, più volte indicato da Di Maio come una delle persone che lo hanno spinto all'impegno sociale e politico. «La mattina le lezioni si tenevano regolarmente. Manifestazioni e iniziative di protesta si svolgevano di pomeriggio, dunque senza compromettere l'attività didattica. Luigi? Un ragazzo straordinario. Intelligente, sveglio, disponibilissimo. Sempre impegnato a scuola. Ed era un esperto di informatica: quando avevamo problemi con il computer, noi insegnanti, ci rivolgevamo a lui. Qualche difficoltà l'ebbe dopo il liceo, con la matematica. Per questo dovette lasciare Ingegneria». Di Maio studente brillante. E anche «Gigino webmaster», come lo chiama, sprezzante, il solito Vincenzo De Luca. Ma ora? Quanto è cambiato? «Lo ammiravo e lo ammiro - continua il professore Cassese - È una persona onesta e leale. Ma mi aspettavo da lui una maggiore spinte all'autonomia di pensiero. Ma forse non è colpa sua, è il Movimento 5 Stelle che è fatto in questo modo. Lì comanda un comico che vuole diventare qualcuno e che trasmette le sue decisioni agli altri. E questo non è democrazia. Io queste cose le ho dette a Luigi. Lui sostiene che non è così». In ogni caso la prima pietra del nuovo liceo, che ora sorge in località Pratola Ponte, fu posata nel 2004. Sindaco del Pd (oggi con Mdp-Artìcolo 1), in quell'anno era Michele Caiazzo, riferimento per la sinistra sul territorio. «Conservo ancora - dice sorridendo - la fotografia dove si vede Di Maio che mi applaude: forse sono l'unico esponente del Pd che si è beccato un applauso dal grillino Di Maio... ». Forse. Ma di acqua ne è passata sotto i ponti. «Di Maio mostra di conoscere bene l'uso dei media e dei social - osserva Caiazzo -. Ma per andare a fare il primo ministro ci vuole un retroterra diverso. Il suo spessore culturale e politico? Non lo giudico. Sono molto distante dai 5 Stelle e dalla loro deriva ideologica e fanatica, tuttavia dico: i giudizi sull'attività di governo di un politico si danno quando ha dato prova di sé, non prima. E poi oggi al governo c'è uno come Alfano; non credo che ci metterebbero molto a essere meglio di lui Di Maio e Di Battista». Anche a Pomigliano d'Arco, è ovvio, i pareri su Luigi-Gigino-Luigione non convergono. «Preparato, bravo, onesto, serio». L'uomo giusto al posto giusto e al momento giusto. Insomma: meno male che Luigi c'è. Oppure: incompetente, spregiudicato, ambizioso, cinico, opportunista. Un «furbetto del quartierino», chiosa qualcuno dei più maligni. Pomigliano, quarantamila abitanti, città operaia, lunga tradizione di lotte sociali, polo industriale oggi marchionnizzato, ex roccaforte della sinistra ora governata dal centrodestra. Qui è cresciuto e si è formato Di Maio. Qui ci sono la sua famiglia - papa, mamma e due fratelli - gli amici, i compagni di scuola, i suoi insegnanti, un'ex fidanzatina. Qui ha sede la Ardima srl, società di costruzioni di cui il vicepresidente della Camera è socio al 50% con la sorella Rosalba, che è architetto. E, sempre a Pomigliano, Gigino racimolò appena 59 preferenze quando si candidò alle Comunali del 2010. «Non lo votò neanche il papa», dicono. Già, il padre. Un «vecchio» fascista, Antonio Di Maio. Originario di Lausdomini, frazione agricola di Marigliano, a pochi chilometri da Pomigliano. Un piccolo imprenditore edile, militante del Msi di Almirante e poi dirigente locale di Alleanza Nazionale. Non sopportava che il figlio si fosse accodato a quel Beppe Grillo. Storia nota, questa: venne raccontate subito dopo l'elezione di Luigi in Parlamento. Una storia che conosce bene anche Andrea America, ex sindacalista Cgil, ex assessore a Napoli ed ex sindaco a Mariglianella, autore di racconti e di un paio di libri ambientati nella zona (tra cui «La rivolte delle patate», dove si narra di lotte contadine e trasformazioni sociali). Di Luigi Di Maio dice: «Furbo, chiuso, riservato, ambizioso. Forse, e dico forse, nell'Italia di Non è mai troppo tardi del maestro Alberto Manzi si sarebbe potuto candidare a fare il consigliere comunale...». E il padre? «Una persona perbene», sostiene America. E racconta: «Nel lontano 1964 si trasferì a Mariglianella, vicino a Lausdomini. Rimase qui per più di venti anni, prima di andare a Pomigliano. Aveva comprato casa facendo un affare. Perché in paese si bisbigliava che nella casa, isolata e rimasta a lungo invenduta, ci fossero i fantasmi, dopo che era stata teatro di un brutto fatto di sangue». Ma Antonio Di Maio, che non credeva a queste leggende paesane, quella casa se la comprò. E a una parete ci piazzò un altro fantasma: il faccione incorniciato di Benito Mussolini. Ma Di Maio padre e Di Maio figlio, almeno da un certo momento in poi, in politica non sono più andati d'accordo. Sebbene sarà poi il Di Maio figlio a caldeggiare un gruppo federativo con l'Ukip inglese di Nikel Farage, leader della destra xenofoba e anti-europea. Così come sarà sempre il Di Maio figlio a fare suo e perfino ad arricchire il frasario e l'immaginario leghista e salviniano sugli immigrati («rappresentano un grosso rischio», «sui barconi possono esserci persone che hanno contratto l'Ebola o membri dell'Isis»), a definire le navi delle Ong che salvano i migranti «taxi del Mediterraneo» e a sparare qualche cifra a casaccio («l'Italia importa il 40% dei criminali rumeni»). D'altra parte è proprio Luigi Di Maio che qualche settimana fa ha riconosciuto che tra i Cinquestelle «c'è chi guarda a Berlinguer, chi alla Dc chi ad Almirante». Appunto. Anche se poi, è il suo ex professore Antonio Cassese a ricordare, «Luigi mi aiutò a realizzare un lavoro multimediale sulla Resistenza antifascista nel nostro territorio. Io curai testo e immagini, lui montò tutto su dvd». E a non credere ad una inclinazione xenofoba del suo parrocchiano è don Poppino Gambardella. Un prete fortemente impegnato nel sociale, don Peppino, sempre dalla parte degli operai, dei cassintegrati, dei licenziati della Fiat. Dice: «Luigi, quando può, viene ancora a messa alla chiesa di San Felice. Ci siamo trovati insieme m diverse battaglie, come quella per il referendum sull'acqua pubblica. In passato ha fatto parte anche dell'Osservatorio politico parrocchiale, dove ci ritroviamo per discutere e confrontarci e assumere iniziative. A me interessa che resti fedele ai suoi ideali, che presti attenzione agli ultimi e ai poveri. Quello che ha detto sui migranti credo che non corrisponda a ciò che pensa». Dunque un diploma liceale, conseguito dopo aver frequentato la sezione D del classico Vittorio Imbriani. Niente laurea: un anno perso a Ingegneria, poi studi di Giurisprudenza a singhiozzo, interrotti definitivamente - con cruccio della mamma Paolina Esposito, preside di scuola media a Volla - proprio in seguito alla candidatura del 2013. In Parlamento Luigi Di Maio ci è arrivato quando aveva appena 26 anni, trascinato dalla marea grillina che consacrò deputati 109 perfetti sconosciuti (ora ridotti a 88 in seguito ad epurazioni, espulsioni e abbandoni) e senatori 54 altrettanto perfetti sconosciuti (ora 35). Tutti inesperti. Tutte facce nuove. Quasi tutti giovani e con una gran voglia di dare un salutare scossone a Montecitorio e a Palazzo Madama. Lo sconosciuto Gigino s' era assicurato l'elezione con 189 «click» sul web alle «parlamentarie» del Movimento (Come dire: «mi piace» Luigi. E Luigi diventa deputato). Tutti «click» racimolati tra Pomigliano e dintorni. E di Pomigliano e delle sue vicende, il giovane vicepresidente della Camera continua a interessarsi. Lello Russo, è il sindaco redivivo di Pomigliano. Ex socialista lombardiano ed ex senatore, guidò giunte di sinistra negli anni 80 e 90. Poi finì in carcere per camorra. Ma dopo un processo durato 12 anni e dopo un forzato allontanamento dalla politica venne prosciolto con formula piena: perché il fatto non sussiste. Russo tornò in sella. E riuscì a farsi rieleggere sindaco. Stavolta, però, con Forza Italia. Gigino Di Maio gli fa la guerra. Lo accusa di essere tornato al potere grazie agli appoggi di Cosentino e Cesaro. Da deputato, Di Maio ha pure presentato un'interrogazione parlamentare sulla criminalità organizzata a Pomigliano. E questo, Lello Russo, non gli e l'ha perdonata. Di Maio, in passato, gli suggerì di farsi da parte e «badare ai nipoti». «Dopo tutte le accuse false contro di me - sorride Russo, il vecchio volpone - oggi mi accusano di avere 77 anni. Ma si sbagliano; di anni ne ho 78». E attacca: «Di Maio politicamente è una contraddizione vivente, non fa che rimangiarsi tutto a ogni pie' sospinto: sull'euro, sui vaccini, sull'Unione Europea, a seconda di come vanno i sondaggi. Ma il problema vero non è neanche lui: è il fatto che i 5 Stelle non hanno niente di meglio». Insomma, i due non si amano. Storie diverse, culture diverse. Un abisso. Ma è lui adesso, Gigino, che ha il vento in poppa. E continua la sua ascesa. Forte anche - visti i tempi che corrono - di un milione e 68mila «like» sul suo profilo Facebook.
Nessun commento:
Posta un commento