Vincenzo De Luca |
Apertura, confronto, chiamatelo come volete ma la strada deluchiana rimane quella di un'apertura (ora più cauta) ai grillini. Rotta quasi solitaria se ieri la direzione nazionale del partito, votando unitariamente l'odg di fiducia al reggente Maurizio Martina, sancisce di fatto la chiusura verso centrodestra e M5s. È una tregua tra renziani e antirenziani arrivata alle 20 dopo mediazioni su mediazioni per non arrivare ad accordi al ribasso. Una pax almeno sino alla prossima assemblea del partito. Nel mezzo il governatore Vincenzo De Luca anche se sulla stessa linea di apertura ci sono anche Michele Emiliano e, a sorpresa, anche il ministro Dario Franceschini («Un governo Pd-M5s è una prospettiva oggi tramontata, ma in un sistema tripolare e proporzionale, il confronto con i pentastellati è inevitabile», dice il capo dell'area Dem). «È stata una settimana in cui ci siamo fatti abbastanza del male. Registriamo - esordisce il governatore della Campania - un senso di umiliazione dei nostri militanti che è aumentato dopo il voto del 4 marzo. Un sentimento come di conclusione mentre ho visto tentativi di interloquire con noi ma, via via, vanificati. Sono dell'opinione che si debba discutere ma, per piacere, evitiamo i pollai». Il governatore della Campania sempre più lontano da Renzi «Discutiamo ma niente pollai»
Non un passaggio, non accenno nel suo intervento a Matteo Renzi di cui De Luca è stato per lunghi mesi l'uomo di punta nel Mezzogiorno. Il segno di come l’ ex sindaco di Salerno stia ormai marcando le distanze per verificare altri lidi all'interno del partito (mentre il figlio Piero, neodeputato, appena due giorni fa ha firmato il documento di fiducia all'ex segretario). Un guardarsi attorno dopo quello che è accaduto nelle ultime settimane. Prima e dopo il voto che è solo uno spartiacque ideale perché «si sono sovrapposte logiche congressuali invece di guardare ai problemi che abbiamo davanti a noi». E quindi guardare anche ai 5 stelle ma partendo da «una grande operazione verità: serve un preambolo politico per riconoscere la dignità del Pd, dopo 10 ani di aggressioni mediatico-verbali e in alcune zone anche fisiche al limite dello squadrismo». «Io credo – continua De Luca - che il Pd non possa chiudersi al confronto con nessuno, specie se ci viene sollecitato un dialogo. Perché se rimaniamo fermi facciamo regalo ai nostri interlocutori». Ma come? «Di Maio ha proposto una decina di punti programmatici: un'operazione maliziosa che ci fa. apparire come un partito vendicativo che chiude e io non voglio dare ai nostri interlocutori di fare questo vantaggio. Dobbiamo invece decidersi a dialogare, iniziando a proporre noi argomenti e non andare a rimorchio. Deciderci a darci un profilo programmatico forte anche perché se si va alle elezioni ora sarebbe un bagno di sangue per il Pd». Infine niente stilettate ad un partito già dilaniato e il rilancio del piano lavoro per 200mila giovani «che il partito dovrebbe far suo». Solo alla fine, e per un attimo i presenti trattengono il respiro abituati come sono alle iperboli delucidane (mentre Orfini, in sottofondo, quasi implora: "Enzo non rovinare tutto»), una battuta ai vertici democrat: «Vedervi arrivare tutti e 4 al Quirinale, come sul Golgota, almeno in me suscitato la poesia di Pavese "Verrà la morte..."»...
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