mercoledì 30 luglio 2008

Perché in Campania vince l'inconcludenza? Mancano i partiti

Caro direttore, nel suo editoriale lei metteva a confronto la democrazia concludente (il governo Berlusconi) e quella inconcludente (Bassolino-Iervolino). Distinzione semplice, comprensibile e giusta in particolare per il termine concludente. Ancor oggi infatti nessuno riesce a capire il motivo per il quale le due nuove discariche, quella di Sant'Arcangelo Trimonte e quella di Savignano Irpino, non siano state aperte né da Bassolino, né dai commissari governativi di Berlusconi (2004-2006) e di Prodi (2006-2008). Perché, poi, alla fine di questo si tratta. Le tonnellate di immondizia accumulate nelle strade, infatti, sono state rimosse solo grazie a queste due nuove discariche e all'incremento «delle esportazioni ». Ci volevano il governo nazionale, i militari, Bertolaso e tutto il can-can di questi mesi per fare cose di una ovvietà sconcertante? Sappiamo bene che togliere l'immondizia dalle strade non significa aver risolto il problema dei rifiuti ma era davvero così difficile evitare quel disastro ambientale che ha sfregiato l'immagine di Napoli e dell'intera Italia? Non vogliamo banalizzare il tutto, naturalmente, ma a fronte della incapacità della Regione e del Comune c'è la capacità di molti sindaci di colore politico diverso, da Vincenzo De Luca a Salerno a Gennaro Cinque e a Franco Iannuzzi a Vico Equense e a Monte di Procida e così in tantissimi altri comuni. Insomma c'è chi sa fare e chi non sa fare. E chi non sa fare dovrebbe avere quel senso dello Stato che porta i responsabili politici di qualità alle dimissioni. Bassolino e la Iervolino non lo hanno fatto e nessuno è in condizione di costringerli. E qui veniamo al punto dolente che è l'altro termine giornalisticamente efficace usato da lei, quello della democrazia. Per togliere l'immondizia dalle strade di Napoli il governo Berlusconi non ha fatto né dibattiti né votazioni, ha solo deciso come si conviene a tutti i livelli di governo, nazionali o locali che siano. Tutto questo per dire che paghiamo la mancanza di partiti democratici. Di qua e di là. Se i partiti, quelli democratici in cui ci si confronta e si discute, ci fossero per davvero avrebbero loro obbligato Iervolino e Bassolino a dimettersi. Invece la loro ormai quindicennale assenza ha impedito e impedisce di selezionare classe dirigente. Nella Germania federale i democristiani hanno perso Helmut Khol eppure hanno continuato a vincere così come i gollisti francesi, i socialisti spagnoli, i laburisti inglesi e potremmo fare mille altri esempi per testimoniare che una leadership senza gruppi dirigenti è inevitabilmente destinata a tramontare e con essa la rispettiva forza politica. Lei può immaginare, tanto per parlarci chiaro, una Forza Italia senza Berlusconi? Mi sembra proprio di no. La sinistra, e con essa quasi tutti i gruppi politici, hanno copiato questo modellino di un leader senza gruppi dirigenti senza avere, però, né il carisma né gli strumenti che ha Berlusconi. La conclusione è drammatica. Se non si ha la fortuna di avere un sindaco o un presidente di regione illuminato e capace, si rischia di tenersi per anni un inetto alla guida di una comunità locale o regionale. Lei ha introdotto con il suo editoriale una riflessione giusta, quello della «concludenza» dei livelli di governo. Continui in questo filone di approfondimento e vedrà che alla fine del percorso si troverà dinanzi ad un bivio, o accusare il famoso destino cinico e baro o invocare il ritorno dei partiti democratici. Quei partiti che, parafrasando un vecchio aforisma, sono gli strumenti peggiori della politica ma, guarda caso, nessuno ne ha inventati di migliori. (Paolo Cirino Pomicino da il Corriere del Mezzogiorno)

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