Passata in sordina, tra cortei studenteschi, campagna elettorale per le Presidenziali americane, e cronache giudiziarie, la notizia di una 23enne lapidata in Somalia. Le pietre usate lunedì per uccidere Aisha Ibrahim Dhuhulow, probabilmente, erano a norma di legge coranica: «né troppo grandi da causare morte istantanea, né troppo piccole da risultare inoffensive». Centinaia di persone hanno assistito alla lenta agonia di Aisha, condannata a morte per adulterio in applicazione della "sharia", la legge islamica. "E’stata portata al supplizio, mani e piedi legati, velo verde sul capo, volto coperto da un panno nero - informa Luciano Causa dalle pagine dell’Ansa - E' stata sepolta in una buca, tranne il collo e la testa. Poi è stata colpita da nugoli di pietre, fino alla morte. Per accertarsi della quale sembra sia stata anche parzialmente disseppellita due volte: ma era ancora viva, e quindi la tortura è continuata. Qualcuno, forse un familiare, mosso a pietà ha tentato di soccorrerla: gli scherani islamici hanno sparato contro la folla senza pietà, si parla di un bimbo ucciso". L'Unione europea ha espresso, al solito, inutile e unanime condanna.
Liberiamo Kareem
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