lunedì 13 settembre 2010

Boom di cesarei ecco il dossier della Regione

Regione Campania - Non è l'eccezione, ma la regola: un bebè su due in Campania nasce con l'aiuto del bisturi. Nell'anno 2008, all'ospedale San Paolo di Fuorigrotta si sono avuti il 66,6 per cento di parti con taglio cesareo. Agli Incurabili il 61,1 per cento. Al San Giovanni Bosco il 60,2. In via Pansini, nel Secondo Policlinico, principale punto di nascite del sud che segue anche il maggior numero di gravidanze a rischio, sono stati registrati 2264 parti e 1526 tagli cesarei: il 67,4 per cento. E ancora: alla clinica Santo Stefano il numero è salito all'89,4 per cento. Alla clinica Villalba all'87,2 per cento. Alla Sanatrix all'85,4. Questi sono i dati segnalati nel dossier della Regione che prepara l'offensiva contro l'uso facile del bisturi. Il piano dovrebbe entrare in vigore a gennaio 2011. «Per favorire i parti naturali - dice Giuseppe Zuccatelli, il subcommissario regionale della sanità - sono allo studio incentivi e modifiche ai drg», ossia ai codici che regolano le schede di ricovero e i rimborsi a carico del servizio sanitario. È un modo concreto per sostenere le pratiche sanitarie più corrette. Sul record di tagli cesarei, l'allarme infatti è alto in Campania, ma l'attenzione massima anche al ministero della Salute soprattutto dopo il dramma di Messina: la lite tra ginecologi in sala parto con conseguenze per la paziente e il neonato. «Il caso di Messina è indice di un fenomeno presente in tutto il territorio», avverte Zuccatelli che punta a correggere le storture locali. La regione ha, tra l'altro, il primato negativo: per numero di tagli cesarei, la Campania è maglia nera in Italia. «A Napoli i ginecologi fanno ricorso al bisturi il 65 per cento delle volte. Ciò accade anche per evitare di essere svegliati nella notte. Ma questo fenomeno è aberrante», tuona il subcommissario. E aggiunge: «È possibile prevedere le gravidanze a rischio. Gli interventi sono evitabili. Dunque, vanno ridotti». L'Organizzazione mondiale della sanità chiede che non superino la soglia del 15 per cento, la media nazionale si attesta al 38 per cento ma nel capoluogo campano non c’è struttura in linea con i parametri e nell’hinterland partenopeo, e nelle altre città campane, la situazione è di poco migliore. Ciò significa che le strutture virtuose si contano sulle dita di una mano. Nel dossier della Regione, la situazione è precisata nel dettaglio attraverso una sorta di classifica, suddivisa per strutture e aziende sanitarie di riferimento. Tra tanti dati negativi, emergono così in primo piano le «isole felici» per le partorienti. L'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia è in testa con 118 bebè su 704 nati da taglio cesareo (il 16,8%, nel 2008). A seguire la casa di cura Malzoni di Avellino (28,2%), l'ospedale di Vico Equense (con il 30,8%), l'ospedale Rummo di Benevento (38,3). Percentuali di poco più superiori si segnalano poi negli ospedali di Sapri (37,1 di parto cesarei) e di Mercato San Severino (39,3%), Villa Betania (39,8%). Negli ospedali che assicurano il numero più alto di interventi, invece, la situazione non è omogenea. Al Cardarelli sono stati registrati 1052 nascite nel 2008: il 55,1 per cento con taglio cesareo. All'Annunziata, con 1298 bebè, solo il 44,6 per cento di parti naturali. Votato alla cura dei più deboli sin dalla sua fondazione, nel cuore della Sanità, nell’ospedale San Gennaro si sono invece avuti il 46 per cento di parti cesarei, su 500 nascite. E ancora, in controtendenza rispetto alle strutture convenzionate, la clinica Mediterranea con meno della metà delle 1151 pazienti trasferite in sala operatoria (sono stati il 43,7 per cento i tagli cesarei). Infine, il Fatebenefratelli, istituto religioso che sovrasta il mare di Posillipo: 1194 bebè, con il ricorso al bisturi il 45,5 per cento delle volte. (m.p. il Mattino)

Nessun commento: