Nel Pd accadono sempre cose surreali. Tenetevi forte perché è difficile anche solo provare a spiegarla a chiunque non sia calato nelle faide del gruppo dirigente del partito. Il giorno dopo la Direzione nazionale del Pd, che ha certificato con il voto di astensione l'esistenza di una nuova minoranza rappresentata dai firmatari del documento dei 76, lo scontro interno al Pd si riaccende tra questi ultimi e Area democratica. Ai veltroniani-fioroniani non è piaciuta la decisione di Dario Franceschini di convocare una riunione di Area dem senza invitare i 'dissidenti', una mossa fatta per dimostrare che la componente nata intorno alla candidatura alle primarie del capogruppo alla Camera non è finita dopo la Direzione, ma che continua ad esistere seppure con una linea diversa, quella della collegialità e dell'unità del partito. A Franceschini non era piaciuta l'interpretazione data alla sua intervista al Corsera, secondo la quale dopo la Direzione di fatto Area Democratica non esiste più, e quindi di prima mattina ha convocato una riunione a Montecitorio con i fedelissimi e poi ha annunciato l'incontro di giovedì prossimo; una riunione nazionale della minoranza, motivandolo così in un post su Twitter: "Area dem deve tenere viva, in un Pd più unito, le idee che abbiamo sostenuto alle primarie". La riunione di Area dem convocata da Franceschini ha provocato la dura reazione dei firmatari del documento dei 76, che fino a due giorni fa, cioè prima della Direzione, di quella componente hanno fatto parte, tanto da discutere della loro nuova posizione politica nell'assemblea dei parlamentari di minoranza. La verità che nessuno può raccontare è che l’imminenza delle elezioni anticipate ha prodotto una fibrillazione per le liste elettorali. I franceschiniani che entrano in maggioranza conquistano un posto a capotavola nella spartizione dei seggi, e una quota protetta per la loro mossa politica. Hanno rafforzato la posizione di Bersani nel momento dell’assedio e ora verranno premiati. Ma anche i veltroniani e i fioroniani – per paradosso – conquistano peso e visibilità: si sono guadagnati uno status di minoranza, con una quota di posti garantita proprio in virtù di questo. Quindi, l’effetto collaterale colpisce la maggioranza. È Bersani che dovrà dividere la sua torta in porzioni più piccole per accontentare tutte le bocche. Se uno si cala in questa logica correntizia riesce a capire qualcosa…
Capetti a sinistra, Al Capone a destra
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