
Pure Peter Gomez, sul Fatto Quotidiano, sostiene la necessità di “rottamare” un po’ di gente nel PD. Nel caso in cui si andasse ad elezioni, si deve pensare ad “un partito – scrive Gomez - che affronta l’appuntamento con il voto (in qualunque momento arrivi) dopo aver rinnovato almeno l’80 per cento delle sue candidature. Se si guarda a un Pd che viene costretto, dai suoi circoli, a non ripresentare gente che occupa la Camera e il Senato da tempi immemorabili (le famose eccezioni alla regola dei tre mandati). E che, come aspirante squadra di governo, mette in campo volti e storie di persone diverse. Uomini e donne che magari hanno ben meritato nel mondo del lavoro o come amministratori locali (ce ne sono molti più di quanto non si creda). In questo caso il Pd può vincere. Può recuperare un pezzo importate di coloro i quali hanno deciso di non andare più a votare. E sopratutto può sperare di convincere anche i suoi avversari a rinnovare la propria classe dirigente. Ovvio, se tutto questo accadrà, non sarà indolore. È illusorio pensare che l’attuale classe dirigente di quel partito (e di tutti gli altri partiti) si faccia da parte da sola. È formata da persone rotte a ogni esperienza, di consumata astuzia, d’incomparabile cinismo politico. E, oltretutto, come ogni oligarchia, è ricchissima: la legge sui rimborsi elettorali ha infatti finito per ricoprire d’oro le un tempo povere tesorerie dei movimenti politici. Le manca però una cosa: il consenso. Per questo gli iscritti al Pd hanno oggi il dovere di andarselo a prendere da soli quel consenso. Cominciando davvero a far la guerra a chi in questi anni lo ha dilapidato. La strada è ripida e in salita. Ma non ce ne sono altre.”
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