martedì 25 ottobre 2011

8 x 1000: intervenire sulle scelte inespresse per risollevare il debito pubblico

Fonte: Antonio Palagiano

La crisi economica che ha colpito il nostro Paese negli ultimi anni non accenna a diminuire: disoccupazione, precariato, stipendi troppo bassi, aumento delle imposte, pensioni sempre più insufficienti e difficoltà nell’arrivare alla fine del mese sono i problemi ricorrenti delle famiglie italiane. Tutto questo è certamente conseguenza del grande debito pubblico: 1.900 miliardi di euro che lo Stato deve ad altri soggetti, come banche, istituzioni straniere o imprese che hanno sottoscritto un credito verso l’Italia sotto forma di obbligazioni o titoli di stato. Ridurre questo debito è quindi l’obiettivo primario che ci impone la CE e le iniziative da mettere in campo per perseguirlo possono essere molte. Una delle nostre proposte è quella di destinare al risanamento dei conti pubblici la quota delle scelte inespresse dai contribuenti sull’8 per mille del gettito IRPEF: una quota che varia tra i 600 e i 700 milioni di euro annui; non poco se si pensa all’attuale situazione del Paese.


Molti contribuenti italiani non conoscono il meccanismo che sottende la gestione dell’8 per mille: l’unica fonte d’informazione è rappresentata dalle costose campagne pubblicitarie realizzate dalla Chiesa Cattolica (quella del 2005 è costata 9 milioni di euro), le quali non spiegano in maniera chiara che, lasciare la casellina dell’8 per mille in bianco, sul modello 730, equivale a destinare comunque quella quota di IRPEF alla Chiesa. Inoltre, non tutti i fondi raccolti vengono destinati, come si immaginerebbe, ad opere di carità in Italia o nei Paesi del terzo mondo. Secondo il quotidiano Avvenire, che ha rendicontato gli introiti, solo il 20% della spesa totale è utilizzata per questi scopi. L’80% del (circa) miliardo di euro incamerato dall’8 per mille in Italia resta alla Chiesa Cattolica – che può utilizzarlo come meglio crede. Voglio essere più chiaro: la normativa vigente prevede che lo Stato Italiano ripartisca l’8 per mille dell’intero gettito fiscale IRPEF, fra le confessioni religiose (Chiesa Cattolica, Tavola valdese, Unione delle Comunità ebraiche italiane ecc…) e lo Stato stesso in base al numero delle scelte espresse dai contribuenti. Nel caso di “scelte non espresse” (circa il 60% della popolazione italiana), e cioè nel caso in cui il cittadino deliberatamente non spunti la casellina dell’ 8×1000, immaginando che in tal modo tutto il gettito fiscale resti allo Stato, si dispone che le somme corrispondenti vengano, in ogni caso, ridestinate alle confessioni religiose, secondo le percentuali calcolate in base a chi ha effettuato una scelta. Quindi, nonostante solo il 40% dei cittadini indichi un preciso beneficiario, in pratica il 90% circa dell’ammontare è destinato alla Chiesa Cattolica. Un vero paradosso che non coincide con la reale volontà del cittadino e che penalizza le già languide casse dello Stato. Una stortura legislativa che impone una correzione poiché il meccanismo sul quale si basa l’8 per mille è quello della volontarietà – una regola assoluta ed indiscussa nel resto d’Europa – che di fatto viene violata nel nostro Paese. La nostra proposta di legge prospetta, quindi, una modifica della normativa vigente, in linea con la reale volontà dei contribuenti e in grado di realizzare un risparmio strutturale (e non occasionale) volto a portare nelle disponibilità del bilancio statale la quota IRPEF delle “scelte inespresse” dell’8 per mille. Una proposta onesta, in linea con le esigenze di equità e trasparenza, che tutto il Paese invoca, e che ha già trovato consensi nel variegato mondo della politica.

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