
Molte pmi, continua il numero uno di Unimpresa, hanno un fardello di debiti scaduti spesso superiore al fatturato, che la crisi ha ridotto al 30-50% dei livelli raggiunti 3 o 4 anni prima. I debiti sono quasi sempre verso fornitori e banche, soprattutto banche e il loro totale è di dimensioni tali che non possono essere riassorbiti neppure dopo anni di duro lavoro ai fatturati pre-crisi. “Il patrimonio immobiliare degli imprenditori si è fortemente svalutato, ma soprattutto è diventato illiquido, non si riesce nemmeno a vendere – continua Longobardi - Ora che anche il costo del debito (a causa degli spread) è esploso al 10%, si sta rischiando il completo fallimento del sistema della piccola e media impresa. L’arretrato del debito verso più istituti di credito ha infatti innescato nelle banche tutto il repertorio delle tipiche azioni di recupero del credito: la revoca del fido, la messa in mora, decreti ingiuntivi, a volte ipoteche giudiziali anche sui beni personali”. Se da una parte il quadro finanziario dei debiti verso banche e fornitori segnala la “morte-finanziaria”, dall’altra l’imprenditore è assolutamente vivo, aggiunge. “Spesso incuranti del rischio di essere dichiarati falliti, resistono a un destino che è quasi sempre inevitabile. Solo chi ha incontrato questi imprenditori può rimanere colpito di fronte all’energia messa nel tentativo di non mollare, di rimanere vivi a qualunque costo”. Il sistema creditizio è dunque chiamato a salvare le imprese “Trovate modi più rapidi e intelligenti di ristrutturare il debito – chiede Longobardi - Alcuni pezzi del Paese stanno franando e distruggono con sé occupazione e debiti che diventano crediti inesigibili per altre imprese. E questo né lo Stato né il sistema bancario se lo possono permettere. Non basterà una terza “Moratoria”. Si devono adottare provvedimenti urgenti e concreti”. (Fonte: Ago Press)
Nessun commento:
Posta un commento