L’intervento di Mariella Parmendola su Metropolis
Castellammare di Stabia - Castellammare è in ritardo. Il cammino da fare è ancora lungo, ma la domanda è un’altra: è la strada giusta? La foto che al tramonto si può scattare dall’alto è la brutta copia delle immagini lasciate negli archivi del Comune dall’architetto Massimiliano Fuksas. Quei pontili verso il mare firmati dal noto urbanista sono il simbolo di quello che poteva essere se Castellammare non si fosse attardata, paralizzata da problemi veri e inutili divisioni. Gli chalet di oggi sono gli eredi meno nobili di quel ridisegno di locali sulla spiaggia circondati da statue inneggianti all’acqua e giardini mediterranei. In questo mese di agosto si è tornati a discutere, dividersi, confrontarsi. Una città ripiegata su se stessa, che ormai non si riaccende qualsiasi cosa accada, non ha smentito una sua antica tradizione. Com’è naturale che sia, ogni intervento riguardi il lungomare e la sua spiaggia rimette indietro il calendario di un mezzo secolo. Dal piano Beginot ad oggi di documenti e dibattiti su quel tratto di costa si potrebbe riempire l’album dei ricordi di ogni famiglia stabiese.
Adesso, il nastro appare riavvolto. La discussione riprende laddove si era interrotta. A volte in maniera strumentale, altre senza alcuna originalità. Ma riprende. Dei bar, locali e parchi giochi sull’arenile si parla ovunque. Litigano i politici, commentano le signore dal parrucchiere, polemizzano o si divertono i giovani. Non accadeva da tempo, da quando cioè sui progetti per risollevare la città in declino per il fallimento dell’industria pubblica e privata, si sentiva parlare nelle sedi di partito come tra gli anziani in Villa comunale.
Ora sembra di essere ripiombati in un remake mal riuscito. I commenti sono superficiali. Attengono a osservazioni di senso comune, non per questo senza un loro fondamento. C’è chi sostiene che quei gazebo sulla spiaggia moltiplicano caos e degrado, già imperanti di per sé. E chi li guarda con sguardo ottimista, vedendo l’inizio di qualcosa che può migliorare. Anche gli occhi meno critici avrebbero voluto gli chalet tutti uguali. Ogni stabiese si sarebbe volentieri risparmiato gli scempi del parco giochi con alberi addobbati di luci natalizie e del recinto che sollecita gli istinti violenti dei bambini cresciuti con i giochi di guerra. Per non parlare di quello che accade la sera con le musiche della movida, l’una diversa dall’altra, ma d’accordo nel trasformare il lungomare in un suk privo del fascino dell’oriente.
Il problema però è un altro. Come si colloca l’intervento che dovrebbe riaccendere la miccia del turismo in una città senza più anima e in cui nessuno elabora più un’idea di sviluppo? La velocità e l’approssimazione con cui l’amministrazione Cuomo ha realizzato i locali sull’arenile rischiano di fare mancare l’obiettivo. Il pericolo che gli interventi cadano nelle mani sbagliate è fortissimo. Senza nessun meccanismo di selezione dell’iniziativa privata da parte di chi ha la responsabilità dell’uso degli spazi pubblici, il punto è l’assenza di qualsiasi tipo di controllo sulla qualità degli interventi e sul possibile riutilizzo di capitali provenienti dalla presenza della camorra che a Castellammare non fa mai saltare un giro. Un caffè preso sul mare all’ora del tramonto riappacifica la ragione con il cuore. Ma l’attenzione non deve e non può calare in una città in cui i clan gestiscono quasi l’ottanta per cento dell’economia locale. A queste domande deve rispondere l’amministrazione Cuomo, che però con il passo dell’improvvisazione ha riacceso delle luci spente in anni difficili, in cui la città si è ripiegata interamente sotto i colpi della crisi.
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