Giuseppe Russo |
Napoli - Peppe Russo, consigliere regionale del Pd, quale episodio di nepotismo l'ha particolarmente indignata? «Non esiste un caso singolo, volesse il cielo che fosse solo uno. Mi indigna la generalizzazione, ormai è diventata una pratica comune della serie un cognome, una storia, una specie di marchio di fabbrica con relativo portafoglio clienti». Scusi, lei ha figli? «ho capito dove vuole arrivare. Le rispondo subito. Mia figlia ha 30 anni ed è la segretaria giovanile della federazione socialista di Milano, l'altro ha diciotto anni e fortunatamente si preoccupa di vivere la sua età con i coetanei. Non aspira ad alcun lascito, anzi costantemente mi sprona a dedicarmi con più attenzione e cura alla famiglia più di quanto abbia realmente fatto in tutti questi anni». Un giovane, figlio di un politico, non deve seguire il suo talento? «Senza alcun dubbio. Se ha talento politico è giusto che lo segua e affronti al sfida. Ma io non ho mai visto un figlio candidarsi contestualmente al padre. Stranamente le candidature avvengono quando la carriera del padre è terminata». Questo vuole dire che le carriere di Luigi Cesaro o di Tonino Amato sono finite visto che i rispettivi figli si candideranno alle prossime regionali? «Non so se Cesaro andrà in pensione, ma Tonino Amato dopo tre legislature regionali senz'altro non si candiderà più». Il nepotismo è bipartisan? «Fino a un certo punto. Purtroppo è più accentuato nel Partito Democratico. Non vorrei che molti avessero interpretato la rottamazione come subordinata alla linea di sangue».
Non è che il fenomeno è amplificato dal profumo di vittoria che si respira nel Pd? «Non credo. È un malcostume che va arginato. Noi siamo il partito delle pari opportunità, della mobilità sociale, del merito. Non mi pare che la disdicevole pratica sia in linea con queste nobili e ostinate aspirazioni che si professano. Non vorrei che l'autore più studiato da molti esponenti del Pd sia Mendel (il padre della genetica, ndr). La mia preoccupazione riguarda tanti giovani uomini e donne del Pd che si troveranno in una condizione di svantaggio perché parte dello spazio politico è già stato sequestrato in favore dei familiari, Siamo già diventati delle correnti senza partito, non vorrei che da correnti ci riducessimo a dei clan». Come se ne esce? «Ho già posto il problema all'interno del partito, prima di affrontare questa intervista. Io ho già deciso di non candidarmi e di appoggiare forze giovani. Chi ha avuto responsabilità istituzionali dovrebbe avere il buon gusto e il non senso di evitare dare vita a situazioni imbarazzanti. Nessuna nonna vieta o potrà vietare a un figlio o una figlia di candidarsi. Ma quando i figli sono troppi il problema si pone. La credibilità della politica, già al minimo storico, rischia di precipitare ulteriormente, deprimendo anche le forze giovani che credono nel Pd come a una forza di rinnovamento».
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