di Filomena Baratto*
Vico Equense - Con questi versi, Goethe, nel 1795, rievoca il viaggio in Italia con nostalgico ricordo. I versi partono dal richiamo dei nostri limoni, la forza dorata della nostra terra che la distingue dalle altre d’Italia. Considerazione questa fatta grazie al primo cittadino di Vico, Dott. Benedetto Migliaccio che mi faceva notare la differenza della nostra terra dalle altre di simile clima e pur affacciate sul mare, come la Liguria, luogo, quest’ultimo in cui si ambienta il mio nuovo romanzo. Questa terra è diversa da tutte le altre per svariati motivi come la posizione, le colture, la storia, l’arte e perché no, anche per i famosi limoni. Con questa frase Goethe si riferiva alle terre meridionali, Campania, Calabria e Sicilia, le tre regioni produttrici di limoni. Il limone è una pianta che arriva dall’oriente, giunta fino a noi attraverso la via della seta. I primi giardini d’Europa furono quelli iberici, dove città come Granada, Siviglia, si illuminavano di giallo oro per i cascami di frutti dalle piante.
Goethe fu dalle nostre parti e conobbe questo frutto e le sue coltivazioni, le tecniche e i benefici dei limoni. Cosa avranno le terre dove fioriscono i limoni per lasciare un segno così indelebile in un poeta come Goethe, in viaggio d’istruzione in Italia?
Sicuramente le brezze che arrivano dal mare, da luoghi lontani a lambire le coste e i giardini coperti da pagliarelle di castagno. Ai limoni giunge l’aroma salmastro del mare che il vento deposita sui fiori, i raggi del sole che filtrano dosati dalle fasce di legno che formano la copertura, l’azzurro del cielo più bello per i riflessi del mare. I limoni, dalla loro ombra, rilasciano al vento il profumo che si perde per lidi lontani. I limoni “trombe d' oro della solarità”,come li definì Montale, mentre Quasimodo apprezzava i terrazzamenti di Amalfi.
I nostri limoni corrono per il mondo portati dalle canzoni e dalla cultura mediterranea, dai benefici che apportano e anche dal costo che li distingue dagli altri. Al bar, una fettina di limone nostrano aumenta il costo della bevanda in cui va a posarsi.
Sarà questo profumo che penetra e resta nelle narici del turista a portare altrove il ricordo dei limoni, del giallo oro, dell’ovale di Sorrento e di un luogo indimenticabile.
La presenza dei limoni sulle nostre terre è attestata sin dal Rinascimento quando la notizia affiora in molti documenti. Una presenza massiccia di questa coltura nell’area vesuviana è documentata sin dal I sec. d.C. e lo apprendiamo soprattutto dalla “Casa del frutteto” a Pompei, riportata alla luce nel 1951. L’Italia è al sesto posto nel mondo come produttore di limoni, il Messico al primo.
Qui le tecniche apprese dai padri si tramandano ai figli e rendono grande il nome di questo prodotto conosciuto nel mondo. Il limone del territorio che comprende Massa Lubrense, Meta, Piano di Sorrento, Sant’Agnello, Sorrento, Vico Equense e Capri è diverso da quello di Amalfi. Diversi per esposizione, vento, ombra e di conseguenza per sapore. Uno dei primi fondi a coltivare il limone nella penisola fu “Il Gesù” tra Sorrento e Massa Lubrense, a testimonianza dei Gesuiti che portarono da queste parti la coltivazione.
La coltivazione delle tre regioni meridionali è di circa 600 tonnellate. La coltura avviene tra 12 e 38 gradi e non oltre i 200-300 metri di altitudine. Fruttificano fino al quindicesimo anno dando da 200 a 600 frutti. Fioriscono in 5 periodi dell’anno.
Tutta la nostalgia dei versi di Goethe è racchiusa nell’avverbio “laggiù, laggiù” che ripete per ben due volte, come a voler correre quaggiù, una terra che ama, che respira attraverso i suoi profumi e quello dei limoni è forse il più insistente. Cosa avrà il limone di buono pur nel suo acre sapore? Cosa rende questo frutto prezioso così come la terra che lo produce? Un frutto è prezioso per la sua coltura particolare, specifica, appropriata, quando sono tante le attenzioni che fanno la differenza: dalla copertura di legno scelto, ai terreni riparati e arieggiati, dall’amore profuso per una coltivazione non di serie ma di qualità. I limoni arricchiscono le nostre terre di valore ancor di più se sapremo indicare ai giovani la strada per non perdere una tradizione che si tramanda di padre in figlio. La terra è pazienza e amore e da questi ingredienti nascono frutti eccellenti e famosi nel mondo.
La cura dei limoni ci parla anche del carattere del suo popolo, che si impegna per dare il meglio della sua terra. Ogni pezzo di terra al confine col mare acquista un valore maggiore: si è più viaggiatori, naviganti, ma tanto più legati alla propria terra, per starne sempre lontani, in quel mare che la rende unica e spettacolare.
I giardini di Vico e della costiera sanno del profumo dei limoni, un profumo giunto da tempi lontani e con tanto lavoro. Fino a quando i limoni abiteranno nei nostri giardini, vuol dire che la tradizione è viva dalle nostre parti e i versi di Goethe resteranno un manifesto eterno della nostra terra dei limoni.
Filomena Baratto* è nata a Vico Equense (Na). È laureata in Lettere Moderne all’Università Federico II di Napoli e insegna nella Scuola Primaria da 29 anni. Sin da piccola ha manifestato una spiccata propensione per l’arte, a cominciare dalla pittura, talento a cui si aggiunge anche la musica con lo studio del pianoforte. A queste sue passioni unisce anche la scrittura. Inizia a pubblicare nel 2010 in seguito a un evento familiare che la scuote profondamente e che le dà la spinta a pubblicare la raccolta di liriche Ritorno nei prati di Avigliano, Alberti Editori. Segue poi, nel 2012, il romanzo Rosella edito da Sangel Edizioni e ancora la raccolta di racconti Sotto le stelle d’agosto, Graus Editore nel 2013.
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