di Filomena Baratto
Vico Equense - Ogni anno, in prossimità del Natale, scatta il dibattito sugli sprechi, a cominciare dalle luci, gli alberi, il panettone, lo spumante… Oggi più che mai, in tempo di crisi, gli sprechi sono da evitare. Fare economia è una forma mentis, che non manca dalle nostre parti e che si acquista sin da piccoli con un’educazione volta alla solidarietà e ai bisogni degli altri.
Il Natale è una luce cui tendiamo durante tutto l’anno, un periodo che attendiamo con frenesia per tutto quello che esso rappresenta anche se col tempo si vive più di ricordi che di presente. Il Natale è una festa per i giovani, i piccoli, e tutti coloro che la vivono come momento fatto di storia e religione, emozioni e fermenti cristiani. Le luci natalizie sono un irrinunciabile segno. La luce, sin da quando è stata inventata l’elettricità, è diventato un aspetto del progresso a cui non possiamo più sottrarci. Una conquista così importante che la gioia si collega alla luce e, quando vogliamo rappresentare un nostro stato interiore di grande felicità, abbiamo l’esigenza di accendere qualcosa, fosse anche solo l’entusiasmo. Così se non si accende l’albero di Natale, non è festa, così come il presepe, la nostra casa e anche la città, sono segni di devozione incontrastata. La luce rappresenta un’emozione forte e il binomio Natale- luce ha un valore e un fascino particolare. Ci riporta alla stella cometa, quella luce che accompagnava i pellegrini verso la grotta, alta nel cielo come segno divino. Accendere le luci della città, in previsione del Natale, ha il suo valore, che non è di voler sperperare, ma quello di dare un segno esterno e collettivo, un’emozione, un simbolo univoco per tutti. Ha un senso se rientra nel voler scoprire le tradizioni, i ricordi e il vissuto a cui dare continuità. Lo stesso accade, in ambito religioso, per le feste di paese, dove tutti danno il proprio contributo proporzionato alle possibilità.
Nessuno rinuncerebbe alla sua festa di paese, è quello il modo di vivere la collettività e da protagonista.
Così le luci richiamano la festa, lo stare insieme, crea quell’atmosfera a cui siamo abituati sin da bambini. Quel luccichio che vediamo nel periodo dell’Avvento è un rispolverare il Natale della nostra infanzia, un ricordarci i Natali vissuti, la festa in famiglia, i momenti di serenità con i nostri cari. Tutto questo, in tempo di crisi, ci sembra eccessivo. Ma a un’attenta analisi scopriamo che ciascuno ha i suoi eccessi permettendosi cose superflue anche in situazioni non proprio rosee. E per superfluo non parlo di cibo, ma per esempio un abbonamento allo stadio, o anche andarci sporadicamente; usufruire di abbonamenti a tv private; avere l’ultimo telefonino alla moda; fare economia in casa e avere un’auto di grossa cilindrata, non aver l’indispensabile e progettare viaggi magari con un mutuo… Gli sprechi non si contano a cominciare da ciascuno di noi e crediamo di essere liberi di fare ciò che vogliamo. E se in privato ci concediamo piccole soddisfazioni, non vedo perché pubblicamente non possiamo accendere qualche luce. E forse proprio coloro che sperperano nel privato chiedono economia altrove. A volte i segni sono importanti come il donare. Mi viene in mente la fiaba della piccola fiammiferaia che accende i suoi ultimi fiammiferi per riscaldarsi e in quel calore riesce anche a sognare. Crediamo che l’unica cosa di cui un povero abbia bisogno sia il cibo, credo che abbia bisogno anche di poter volar, così come i ricchi, e che qualche luce natalizia, senza sfarzo, come ci hanno insegnato, significa dare calore alla festa. Nel nostro caso rende la città viva, invita allo shopping, all’incontro, a consumare, invita gli altri a trascorrere qui il Natale, in questa città unica, con un grande afflusso di gente alla ricerca delle luminarie più belle, dei presepi più originali, dei dolci più tradizionali. E se questo va a rimpinguare le casse della città non può che far bene a tutti, progettando interventi mirati per le famiglie indigenti. In politica, come in famiglia, bisogna essere lungimiranti e non tenersi a tiro di naso. Mio nonno diceva sempre dove vediamo e dove non vediamo e, aggiungerei, dove non vogliamo vedere. I bisogni sono molteplici e non solo quello di sfamarsi o coprirsi. Gli aiuti devono esserci a prescindere dalle luminarie, sempre e comunque soprattutto da coloro che devono assicurare una vita dignitosa a tutti, così come ognuno di noi dev’essere volto alla solidarietà. Dobbiamo aiutare e non mortificare, spegnendo anche la voglia di partecipare all’unica festa dell’anno che ci vede tutti protagonisti.
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