di Filomena Baratto
Vico Equense - In una rivista che mi arriva a casa periodicamente, c’è un articolo che si pone la domanda di chi debba insegnare l’etica. Per etica si intende la ricerca di ciò che è bene per l’uomo, cioè quello che è giusto fare e non fare. Già sulle prime siamo portati a pensare che questo ruolo debba assolverlo la scuola e in parte è vero. Ma non completamente se pensiamo che un ragazzo vive anche nella società, come nella sua famiglia, quindi passano a tre i detentori di questo insegnamento. Non a caso si parla di etica in un paese, l’Italia, che ha il primato degli scandali, pur essendo il paese della cultura, della moda, dell’arte, della creatività e dell’imprenditorialità. Scandali che si intrecciano tra la politica, la finanza, l’impresa e la burocrazia che hanno preso il posto del vivere eticamente. Insomma l’etica sembra sia finita in soffitta. E così la famiglia si fa in otto per insegnare le buone maniere, la vita ai giovani, la scuola ci prova nel mare magnum delle difficoltà in cui versa, ma lì fuori c’è una società che corrompe. “Tra i numeri drammatici”, raccolti su questa rivista, in un servizio di Alberto Campoleoni, “ci sono oltre mezzo milione di macchinette, un record mondiale, disseminate tra sale giochi, bar, ristoranti. Stampiamo un quinto dei “Gratta e vinci” di tutto il pianeta, nel 2015 abbiamo sperperato quasi 90 miliardi di euro inseguendo il sogno della grande vincita e il gioco via Internet è la nuova frontiera incontrollabile dell’azzardo.
Un italiano su 75 manifesta comportamenti patologici: una vera e propria malattia che si trasforma in tragedia per intere famiglie quando, moneta su moneta, le slot machine inghiottono stipendi, risparmi, speranze e futuro”.
Come dire che pur sapendo quello che non è bene per l’uomo, noi lo troviamo nell’ambito della società lasciando il discorso alla nostra libertà di agire, come se noi fossimo incorruttibili. La corruzione è una tentazione che si serve di animi deboli che non per forza sono cattivi, semplicemente non hanno la forza di agire per il loro bene. E l’etica va insegnata e seguita, una condizione che non basta apprenderla, va monitorata, costantemente. In un altro articolo sul “Corriere della sera”si parla di un interessante esperimento sul rapporto tra corruzione, società e giovani, dove ci si chiedeva se siano i cittadini a corrompere la società o l’organizzazione della società che, quando è corrotta, influenza il comportamento dei ragazzi. Lo studio giunge alla conclusione che è la società che corrompe i ragazzi.
E’ come dire che le famiglie e la scuola si adoperano per formare bravi ragazzi e la società ce li mette in brutte situazioni.
E allora si pone male la domanda, non a chi tocca insegnare l’etica, ma l’etica la si può insegnare in una società dove lo Stato non prende provvedimenti per alcune pericolose situazioni, dove la finanza e l’economia dettano leggi, dove le regole sono eluse, dove regna la corruzione? Arrivati a determinate conclusioni, ciascuno si affida al buon Dio come ultima spiaggia.
I conti tornano, tutti siamo responsabili e non bastano le leggi, bisogna rispettarle e non eluderle; e non basta il vivere bene in famiglia, mentre lì fuori c’è un mondo che non mi interessa solo perché ho i bambini piccoli, o non ho figli, o i miei sono sistemati. L’etica la si deve vivere o altrimenti non la dobbiamo chiedere agli altri, alle istituzioni, o alla scuola, o alla famiglia. Ciascun agenzia educativa da sola non basta. Siamo un concerto di strumenti, ne basta uno scordato e salta tutto. L’etica esiste solo in un accordo di regole per tutti.
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