lunedì 5 febbraio 2018

Effetto lasagna la prima regola è esagerare

A Carnevale non valgono le reinterpretazioni light: dal trionfo del maiale al ghiotto carrello dei dolci in cui dominano chiacchiere e "finto" sanguinaccio è tutto un inno all'opulenza in vista della Quaresima 

Fonte: Rosaria Castaldo da Il Corriere del Mezzogiorno 

Quest'anno gli innamorati festeggiano con una passionale lasagna. Il giorno successivo al martedì grasso è infatti San Valentino, la festa che segna in calendario l'apoteosi del romanticismo anche se il menu di questo periodo, tutt'altro che lieve, mal si accorda con l'elevazione sentimentale. Dalla notte dei tempi carnevale inizia con l'uccisione del maiale al quale sono dedicate gran parte delle ricette. Il rito del sacrificio del suino, nell'Italia affamata dalla guerra, era una delle poche occasioni non solo per consumare carne ma anche per farne una scorta alimentare che potesse durare tutto l'anno. Oggi, con la sovrabbondanza di cibo, si mangia tutto in ogni periodo dell'anno; nonostante ciò le tradizioni culinarie vanno sempre rispettate. Zero concessioni ad alleggerimenti e reinterpretazioni light: a carnevale la regola è esagerare. Se proprio si vuole festeggiare fuori casa, sono consigliati i ristoranti di ferrea tradizione come quelli sempre più gettonati delle province interne del Cilento, luogo d'origine della Dieta Mediterranea, nei quali ritroviamo tutti i piatti storici, a partire dal soffritto a base di interiora di maiale condito con sugna e salsa piccante, oppure i fegatini di maiale (pezzetti di fegato uniti ad una foglia di alloro, racchiusi in una rete di peritoneo e fritti o arrostiti sulla brace), prodotti con carni di animali allevati come un tempo, molto diverse dal gusto omologato dalle carni di produzione "industriale".
 
Tra le ricette tramandate c'è la sfrionzola. Una sorta di spezzatino di maiale, tipico di Ottati in provincia di Salerno, preparato con la spalla e la pancetta tagliate a pezzettini, cotte a fuoco lento in un tegame di ferro con olio d'oliva. La ricetta si completa, a fine cottura, con le papaccelle (piccoli peperoni rossi locali sottaceto). Ancora oggi la viene abitualmente preparata per tutto il periodo invernale e commercializzata da alcune macellerie di Ottati. In questo periodo anche l'olio viene sostituito dal grasso suino fresco: la sugna o 'nzogna, è molto usata per ottenere fritti impeccabili tra cui le golosissime chiacchiere. Il grasso sciolto viene lavorato e poi conservato in una vescica di maiale (oggi invece in asettiche vaschette di plastica) mentre con la parte solida, quella di scarto, si preparano i famosi cicoli che, insieme a ricotta e pepe, costituiscono il ripieno della classica pizza fritta napoletana. Ma da un po' di anni, nel periodo di carnevale, alla pizza fritta con i cicoli freschi, si è affiancata la pizza-lasagna: una margherita con ricotta e carne tritata fritta che fa il verso al piatto must di carnevale, la lasagna, sostanzioso e gustosissimo piatto unico, tipico del Sud, consumato il martedì o anche il giovedì grasso. Si tratta di un piatto ricchissimo costituito da strati di pasta sottile (otto secondo i puristi), mozzarella, uova sode (ma anche senza, in base alle ricette delle diverse province), polpettine, poca ricotta e ovviamente il ragù che prevede in prevalenza carni suine tra cui le braciole di cotica di maiale. I dolci carnevaleschi non fanno eccezione alla regola dell'opulenza, via libera dunque all'altro piatto simbolo del carnevale: il sanguinaccio. In principio questa crema dolce, come suggerisce il nome, era a base di sangue di maiale aromatizzata al cioccolato. La preparazione nasce come tradizione legata all'uccisione del maiale. sangue, raccolto ancora caldo, prima che si coagulasse, veniva subito lavorato con zucchero, cannella, vaniglia, liquore con l'aggiunta di canditi. Dal 1992 l'utilizzo del sangue suino è vietato per motivi igienico-sanitari, per cui, per intingere i nordici e morbidi savoiardi o le sudiste e croccanti chiacchiere fritte, oggi si usa il "finto sanguinaccio" a base di latte, farina, zucchero, cacao in polvere, cioccolato fondente e caratterizzato dalla cannella e da tocchetti di cedro candito. Altri dolci tipici del periodo sono le zeppole o graffe (ciambelline fritte e ricoperte da miele e i soffici tortelli (o ravioli dolci) fritti, ripieni di marmellata o frutta secca, tipici delle province inteme della Campania. Il migliaccio è un altro dolce della tradizione casalinga a base di latte e semola la cui origine risale al 1600. Anche le castagnole, soffici palline di pasta compatta, ripiene di marmellata o crema e ricoperte di zucchero, oggi sono molto diffuse in Campania sebbene siano state importate dalla tradizione friulana ma in questo periodo, in nome della gola, anche tradire è concesso.

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