di Filomena Baratto
Vico Equense - Una volta un parto andava a buon fin se nasceva un maschio. Lo giustificavano come forza lavoro ma nascondevano il pensiero di reputarlo l’unico capace di pensare, comandare, decidere. La donna era solo una “cristalliera”, sì, quella in cui si relegano i tanti bicchieri e bicchierini tintinnanti, regali di nozze da preservare, che avevano i loro momenti di vita con le scosse di terremoto, quando tutti i cristalli brontolavano. Lì, ferma, pulita, scintillante a fare la sua bella figura, i cui oggetti erano presi con cura solo in caso di eventi, onde evitare si sparigliassero i servizi. Una volta la donna era una cristalliera: bella, chiusa, silenziosa, appartata. Tutto era appannaggio dell’uomo, portatore di un’esperienza incomparabile con quella della donna, ovattata dai pensieri della gestione della casa, accerchiata dai figli, preoccupata dalle faccende meno rilevanti. E ha creduto a questo ruolo fino a quando non ha studiato, si è confrontata, ha capito, ha reagito, si è data da fare. Questo grazie anche all’idea maturata, da parte del maschio, di potersi appoggiare a lei dimezzando il suo lavoro, o di farle provare quanto sia duro essere uomini. E oggi, eccola qua! Si rimbocca le maniche 24 ore al giorno e sia che lavora in una fabbrica o in vetta a un grattacielo, in mezzo ai bottoni di comando, o in casa, non deve fiatare.
Uguali e pari significa alternarsi anche in quei ruoli di forza fisica oltre che mentale. Lei gestisce, dirige, collabora, snellisce il lavoro, è tenace, fa progressi, impara subito e ha un’arte per la mediazione. Lavora come un uomo, fa figli che alleva ed educa, gestisce il lavoro e la casa, attende le ferie e fa i conti, proprio come l’uomo. Particolare non irrilevante è che spetta a lei fare figli, che l’uomo subisce e maschera bene. Sa che la donna lavora più di lui e non lo accetta. Ha perso il trono, si sente usurpato e quell’atteggiamento paterno che sfodera con i suoi cuccioli, allevandoli ed educandoli pur non avendoli procreati, lo vede un ruolo minore. E poi alla donna spetta anche il compito di alimentare il piacere. Queste due prerogative femminili, messe insieme sono una bomba che prima o poi fanno saltare i nervi anche all’uomo più solido e intelligente. Perché non venga assalito dal morbo, deve essere veramente al di sopra delle parti per capire e accettare. Sì, perché poi di questo si tratta: di accettare che le donne sappiano fare tante cose e bene, che lavorino come scaricatrici di porto e stakanoviste a oltranza, che abbiano doti come la pazienza e la perseveranza che a lui mancano. L’uomo talvolta accetta, altre volte insorge, o fa finta di niente, come se l’indifferenza riducesse le distanze. L’ego maschile s’ingigantisce quando crede che la donna sia una povera illusa e per giunta assoggettata alla figliolanza, alla gravidanza, all’”allattanza”. La forza della donna è data dal sapersi gestire tra figli, amore, lavoro, passioni, sogni e glielo ha insegnato proprio l’uomo. E’ un universo flessibile, adattabile, sensibile che lui non può concepire preso continuamente da: “Quanto so’ bello, quanto so’ figo, quanto so’ bravo, quanto so’ unico, intelligente, astuto, intraprendente”. Ogni uomo porta in sé questo corredo e chi non lo lascia emergere è perché lo sa domare. Una volta le nostre nonne erano in casa e non avevano il potere di noi altre oggi, ma il loro silenzio era padrone del mondo. Bastava un’occhiata, un’uscita e una presenza che dicevano più di un comizio. Nella loro “involuta” vita, erano eroine, che sapevano farsi rispettare e amare più della donna moderna. Il potere era dato dagli esempi, dalla forza delle loro azioni e gestione familiare. Donne che avevano nelle mani salari, patrimoni, figli, case, mariti. Donne al fianco, che stando accanto, senza prevaricare, avevano un potere indiscutibile. Oggi, noi donne post moderne, che abbiamo scoperto le capacità della mente, la bellezza nella sua massima espressione, come si costruisce una carriera, abbiamo dato fiato all’ambizione, alla politica, scoperto del tutto il mondo maschile per appropriarcene, siamo tanto più fragili quanto più abbiamo voluto dimostrare di valere in ogni campo. Da sole abbiamo deciso di essere brave in tutto, di voler sopportare cose che le nostre ave non concepivano e di valere quanto un uomo. Un aspetto che non lasciamo solo alla carriera, ma anche in amore. Prima di “arruolarci” con un uomo, vogliamo essere autonome, autosufficienti, automunite, autogestite… Vogliamo essere le padrone di noi stesse. Dovremmo convincerci che valiamo quello che siamo, che il tutto ci toglie il poco, che essere bravissime ha un costo, che essere bellissime non è tutto, che l’immagine che gli altri hanno di noi è quella che prima abbiamo di noi stesse. Bisogna tornare al poco fatto bene, ad una personalità forte, ad avere le nostre idee, i nostri valori, le nostre passioni, le nostre debolezze, i nostri desideri senza competere. Conosco donne che sopravvivono alla giornata e devono inventarsi per portare avanti la famiglia, altre che per un ideale spendono la vita in quel credo e altre che la spendono a far vivere gli altri. La realtà è che, se abbiamo fatto tante conquiste, ci siamo dimezzate, ammazzate, spogliate e svuotate. Ma intanto abbiamo creato aspettative molto alte. L’uomo pur giocando al ribasso: più sei brava più elude, poi non sa più fare a meno di questo ideale di donna. Prima all’uomo bastava la donna immagine, ora che anche quello stereotipo è passato, la vuole di mente, colta, intelligente, in gamba. La donna deve piacere ed essere anche attività pensante, qualità indispensabili anche ai fini del rito atavico del letto. Non basta più Lolita, né Marilyn, ci vogliono anche la Cristoforetti e la Merkel per un prototipo interessante, in un mixer di femminilità, intelligenza e scienza. Siamo diventate un ibrido non più solo femmina ma anche uomo, intelligenza, capacità, intraprendenza. La donna vera è quella che si piace, si stima, si vuol bene, si sente realizzata. L’uomo vero è quello che non ha bisogno “dell’arte idraulica” per quanto sia la sua principale funzione e la più attiva, oltre che produttiva, per esercitare un potere sull’altro sesso. L’uomo deve comportarsi con la donna come se davanti a sé avesse un altro uomo con cui misurarsi. Ora che del fare ne abbiamo fatto il nostro credo, dovremmo curare il nostro essere e chiedere cosa vogliamo da noi stesse. Dopo l’autonomia economica, il prestigio, dobbiamo conquistarci. L’uomo non può che aiutare questa gestazione. Ma non è l’unico responsabile del processo, molto spesso è proprio la donna nemica di se stessa quando non sa dire di no ai soprusi, alle sofferenze, alle offese, alle ingiustizie, ai sentimenti malati, alla violenza, confondendo la sopportazione con l’essere forte e in gamba, mentre è solo debolezza. Uomo- donna, due esseri incompleti che hanno bisogna di collaborazione per vivere in un mutuo soccorso e non più uno scontro di genere.
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