venerdì 24 gennaio 2014

Condanna bis a mamma-orco: fece prostituire la figlia 16enne

Dieci anni alla donna di Vico, 7 al complice di Torre del Greco 

Fonte: Salvatore Dare da Metropolis 

Vico Equense - Una madre che la costringeva a prostituirsi, a soli 16 anni, per poche decine di euro. Un inferno di incontri hard con uomini più grandi di lei, inghiottiti dal tempo e spariti nel nulla dopo gli abusi datati 2007. Una casba di rapporti sessuali consumati un po’ ovunque, fra Vico Equense e Castellammare di Stabia. E’ l’incubo vissuto sulla propria pelle da una ragazzina che avrebbe voluto soltanto una vita diversa, normale. E che, nonostante tutto, trovò il coraggio per denunciare quell’orrore e chiedere finalmente giustizia. Ottenendola. Perché la seconda sezione della Corte d’Appello di Napoli (presidente Carlo Maddalena, a latere Carlo Alifano e Fernando Giannelli) non ha usato mezze misure. E dopo ben sette ore di camera di consiglio, ha confermato le condanne giunte in primo grado per la «mamma orco» e il suo complice. Dieci anni a C.D.A, 56enne di Vico Equense, imputata per sfruttamento della prostituzione minorile (rispetto alla sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Torre Annunziata nel 2012 - pena di 12 anni - la donna ha ottenuto un piccolo sconto), 7 invece a C.M, 55enne dipendente della Circumvesuviana, originario di Torre del Greco, finito alla sbarra con l’accusa di violenza sessuale. A favore della vittima, è stata riconosciuta una provvisionale totale di 100mila euro (60mila euro per la madre, 40mila euro per l’uomo) mentre è ancora in corso il giudizio civile per il risarcimento danni. La ragazza non ha voluto seguire le udienze del giudizio d’appello.
 
Costituitasi parte civile nel giudizio e rappresentata dall’avvocato Maurizio Capozzo, ha pianto a dirotto appena ha saputo della sentenza d’appello. Provata, ancora con il cuore a pezzi, oggi sta tentando di rifarsi una vita. La vicenda risale al 2007 quando dopo aver subìto una caterva di abusi e violenze, decise di chiedere aiuto allo sportello anti-stalking di Sorrento dell’avvocato Luigi Alfano (che l’ha seguita da legale della parte offesa nella prima parte del giudizio di primo grado) presentando una denuncia su cui si mosse la Procura della Repubblica di Torre Annunziata. Il Monte Faito e la stazione della Circumvesuviana di Vico Equense fecero da teatro alle violenze. Incontri hard avvennero anche nei tornanti della Statale sorrentina. Il tutto contro la sua volontà e quando non aveva ancora compiuto 18 anni. Una storia triste, sconcertante, che la ragazza scelse di raccontare anche all’allora parroco di Sant’Agnello, lì dove la giovane si trasferì proprio per allontanarsi dalla famiglia d’origine e dalla madre che con l’apporto di un complice, secondo l’accusa e le sentenze della magistratura, obbligava la giovane a svendere il suo corpo. Così come avvenuto in primo grado, sia C.D.A. che C.M. hanno respinto le accuse. «Solo invenzioni». Una versione però non accolta dai giudici che hanno confermato le condanne per i due imputati.

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