martedì 10 novembre 2009

I mari della luna e la gestione pubblica dell’acqua. Esiste una proposta di legge in consiglio

Già ci siamo abituati al fatto che per bere bisogna stappare, comprare bottiglie e lasciarci affascinare dall’etichetta che “fa fare din din” o a da quell’altra che promette di farci dimagrire. Ed ora il Senato ci dice che anche l’aprire i rubinetti, il far scorrere l’acqua dentro le nostre case, deve essere gestito dai privati, deve risultare fonte di profitto. L’acqua diventa merce da vendere e comprare con lo scopo primario di far soldi. Perché il decreto legge 135 prevede che, nella gestione dell’acqua, oggi affidata attraverso gli ATO a gestioni completamente pubbliche o miste pubblico-privato, i privati, con quote di partecipazione non inferiori al 40%, determinerebbero quantità e qualità degli investimenti, rendendo nulli, nella pratica, possibilità di controllo e gestione da parte del pubblico. Vengono intaccati gli stessi principi di base della legge Galli, per i quali “Tutte le acque superficiali e sotterranee… sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata e utilizzata secondo criteri di solidarietà”, che “qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future”, che “gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse”. La privatizzazione presentata al Senato comporterebbe un inevitabile aumento delle tariffe, senza per questo determinare un miglioramento del servizio e della rete. I dati ufficiali del 2008 sugli ATO, in questo senso, parlano molto chiaro. Penso, allora, che in Campania dobbiamo guardare con molto interesse alla proposta di Vendola di tornare, per la Puglia, ad una gestione completamente pubblica. Anche perché una proposta analoga è stata presentanta dall’allora gruppo regionale DS, di cui ero capogruppo, nel lontano 2006. La proposta prevedeva, tra l’altro, la costituzione di una SPA a totale capitale pubblico, aperta alla partecipazione di altre regioni, per la gestione e la manutenzione della rete idrica. Giunta al vaglio della IV commissione, per responsabilità politiche diffuse che ci coinvolgono tutti, la proposta non è più stata affrontata. Non ci sono scusanti, ma a fronte di quanto si è verificato al Senato, credo sia ora dirimente tornare a discuterne, verificarne fattibilità ed eventuali aggiustamenti, e, se i tempi lo permetteranno, portarla all’esame del consiglio. Soprattutto però, solleciterò consiglio e giunta perché, nell’immediato, si giunga, quantomeno, ad un’urgente dichiarazione di intenti che rivendichi l’acqua come bene non mercificabile. Non si tratta di una questione ideologica, ma di evitare che un bene primario come l’acqua diventi una questione di business. Questo tema dovrà essere al centro del prossimo programma di coalizione per le regionali, ed il PD deve aprire da subito una discussione di merito. Mi viene in mente una filastrocca di Rodari: “nei mari della luna i tuffi non si fanno, non c’è una goccia d’acqua, pesci non ce ne stanno. Che magnifico mare …” soprattutto perché, quantomeno, non si potrà privatizzare. (Antonio Amato Consigliere regionale PD – la Repubblica Napoli)

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