Luigi Cesaro, per gli amici Giggino a’ purpetta, a tarda sera spegne il cellulare. «So’ distrutto», confessa. Di Nicola Cosentino è l’amico più caro. Il sodale. Nicola&Gigino, assieme, hanno «conquistato» Roma e il Pdl. Dove andava l’uno c’era l’altro. E viceversa. Perché hanno capito subito una cosa semplice: in due erano più forti. Nati in territori contigui, Casal di Principe e Sant’Antimo, entrambi imprenditori di successo, anni fa si sono dati un obiettivo: il salotto buono del partito. Arrivare a lui, a Berlusconi. Nessuno ci avrebbe scommesso un euro. Ricchi erano ricchi, ma c’era quell’aria provinciale difficile da scrollarsi di dosso. Cesaro, poi, il più bersagliato per i suoi modi di fare (cliccatissimo su YouTube il video in cui mangia e sputa le unghie in Aula). E invece oggi basta aprire il sito della Camera e osservare dove sono seduti per capire: Cosentino accanto a Niccolò Ghedini, Cesaro accanto a Valentino Valentini. A fare da apripista è stato Cesaro, eletto prima. Famose le sue mozzarelle di un caseificio di Cardito spedite settimanalmente a palazzo Grazioli. O le polpette della mamma, che gli sono valse il soprannome, usate per siglare patti di pace o per deliziare il palato del Cavaliere. E insieme hanno sbaragliato l’ex coordinatore Antonio Martusciello e suo fratello Fulvio, un tempo i viceré del Pdl napoletano. Alle comunali del 2006 in una notte esclusero dalle liste 76 consiglieri uscenti, tutti martuscelliani. Ma la vera strategia è stata la conquista degli uomini vicini al premier. Prima Elio Vito, che però dopo si è smarcato. Poi Antonio Marzano. Infine, Sandro Bondi e Denis Verdini, tra i più convinti sostenitori della candidatura di Cosentino. Che, sabato sera, ha rivelato a Cesaro: «Giggino, mi sa che ci siamo». Poi lone wolf , come lo chiamano per il suo carattere solitario, se ne è tornato a casa a Caserta, a vedere la partita dei rossoneri con il figlio. Adesso che la notizia è ufficiale, gli amici levano gli scudi. E i nemici scelgono di non infierire. Uno di questi è Italo Bocchino. È stato lui a spingere con Fini perché si opponesse alla candidatura di Cosentino. Ma ieri il vicecapogruppo alla Camera è stato laconico: «Aspetto di capire. Intanto esprimo doverosa vicinanza personale nella convinzione che saprà dimostrare la sua innocenza». Parole di circostanza, dietro le quali si nasconde una guerra politica violenta. Tacciono, invece, i Martusciello. Antonio ormai è quasi fuori dalla politica. È tornato al suo ruolo di manager (è nato in Publitalia), ma non dimentica che è al suo ex amico Cosentino che deve la scomparsa politica: nel 2006 i rapporti tra uno degli ex pupilli di Confalonieri e il Cavaliere si incrinarono per la sua opposizione alla candidatura di Malvano a sindaco di Napoli. Cosentino invece la avallò. Da lì, la scalata. Sorte più o meno identica per Fulvio Martusciello, consigliere regionale più votato d’Italia e però oggi messo in un angolo dal suo ex testimone di nozze e da Cesaro. Chi difende a spada tratta il sottosegretario all’Economia, invece, è Mario Landolfi, suo vice in Campania: «Gli esprimo solo la mia solidarietà. In questi anni abbiamo costruito insieme un partito migliore. Ora è il momento dell’amarezza». E invece il sottosegretario al Lavoro Pasquale Viespoli, tra i possibili candidati a governatore, pur esprimendo solidarietà chiarisce: «Finalmente potrà dimostrare la sua innocenza. Ma il valore della legalità per il centrodestra dev’essere un punto fermo. Se mi dimetterei da sottosegretario? Cosentino sceglierà la via giusta per chi si considera innocente…» (di Angela Frenda da il Corriere della Sera)
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