Fonte: di Angelo Lomonaco da il Corriere del Mezzogiorno
«Mi pare che l’elemento più significativo emerso dal voto a Napoli è il crollo del Pd. Che è il prodotto in qualche modo comprensibile e razionale del quindicennio che ci sta alle spalle». L’analisi di Biagio de Giovanni, filosofo e politico, esponente del Pci, del Pds e dei Ds che è stato anche parlamentare europeo, è semplice, cruda e severa nei confronti del centrosinistra partenopeo. «Se aggiungiamo — continua — la vicenda delle primarie finite nel nulla, un gigantesco pasticcio, al discredito che il governo della città aveva acccumulato negli ultimi anni, il risultato è chiaro a tutti». Professore, de Magistris e Morcone insieme hanno totalizzato più del candidato sindaco del PdI. Forse al ballottaggio andrà diversamente. «De Magistris costituisce lo sfogo di un pezzo di elettorato di sinistra. E ha ottenuto un risultato superiore ai sondaggi e a quello che lui stesso si aspettava. Ma la mia prima osservazione, anche se di solito sbaglio quando faccio previsioni politiche, è che mi pare difficile che ci possa essere una convergenza degli elettori di Morcone su de Magistris. Sono espressioni di mondi diversi, non si può pensare a una somma meccanica. Del resto la sinistra è divisa. Ripeto, la ciliegina finale sono state le primarie, che hanno allontanato molte persone. Come dimostra l’astensionismo».
E il centrodestra? «Lettieri non aveva la possibilità di vincere al primo turno. Si capiva dai contrasti nel mondo dell’imprenditoria, dall’allontanamento di D’Amato. Oltre che dalle fratture che si sono verificate anche a livello nazionale. Il terzo polo, invece, in Italia ha sostanzialmente fatto flop, a Napoli no: è una consistente minoranza. Ma ora è in grande difficoltà. Avevano detto che non avrebbero appoggiato Lettieri però è impossibile che si schierino apertamente per de Magistris. L’alleanza tra De Mita e il dipietrismo sarebbe incomprensibile, sono mondi non solo diversi ma opposti. Azzardo che una parte consistente dei voti del terzo polo al ballottaggio vadano a Lettieri. Come quelli di Mastella, che certo non sosterrà il suo nemico de Magistris e cercherà di giocarsi il suo 2 per cento per sopravvivere». Con che risultato finale? «E’ imprevedibile, perché al secondo turno spariscono i partiti. De Magistris mi pare più abile di Lettieri, che tuttavia parte favorito». Torniamo al Pd: cosa accadrà? «Dovrà ripartire da zero, non c’è più. Ma non c’era da tempo, le primarie — ripeto — sono state un segno di sfacelo politico. Non c’è una classe dirigente, infatti il partito è commissariato da una brava persona (Andrea Orlando, ndr), che però non c’entra nulla con Napoli. Non so che dire, lo scenario è questo». Che influenza potrebbe avere il voto sulla giunta regionale di Caldoro? «Si dovrà vedere come va al ballottaggio. Se vincesse Lettieri, il quadro si ricomporrà. Quella di Caldoro è una giunta di qualità, ma silente, molto anonima. Lui è un personaggio interessante, potrebbe dare qualcosa alla Regione Campania. Ma la situazione di partenza che ha trovato è seria. Sul piano più strettamente politico, prima di azzardare giudizi finali sul berlusconismo, bisognerà vedere come andrà a Milano: se vince Pisapia, sarà un colpo mortale, scoppierà il problema della Lega, che si intravede sottotraccia. E lì che Berlusconi rischia di subire il colpo peggiore, a Napoli tutti sapevamo che le cose stavano così». A titolo personale, lei cosa si aspetta dal prossimo sindaco, chiunque sia? «io sono in età avanzatissima, altrimenti da Napoli me ne sarei andato. Comunque la prima cosa che chiedo al prossimo sindaco è che ci permetta di uscire di casa. Che renda la città fisicamente attraversabile. Ora è problematico: immondizia, incendi, altri rischi. Inutile parlare di Bagnoli, Napoli Est, centro antico, di progetti, lo prenderebbero per pazzo. Poi che faccia gli inceneritori, che ci sono in tutte le città e non si capisce perché non qui». Mentre a Napoli il centrosinistra si spaccava, a Salerno De Luca ha vinto ancora… «Si capisce. De Luca è un mio vecchio laureato, parliamo di quarant’anni fa, quando insegnavo alla facoltà di Lettere e filosofia di Salerno: lui è fuori squadra, non c’è partita».
Sempre e solo in casa. «E’ un grande leader locale, non gli è mai riuscito il salto nazionale. Però lì ha cambiato la città ed è molto amato, al di là dei partiti».
Riepiloghiamo: qual è il bilancio complessivo di questa tornata elettorale?
«E’ stata importante, sono cambiate molte cose, fermo restando che il giudizio finale si potrà dare il 31 maggio. Comunque è cominciata una fase nuova. Il colpo subito a Milano potrebbe far emergere la frattura tra Pdl e Lega, mentre nel centrosinistra domina la confusione e non vedo progetti chiari. Il dipietrismo napoletano potrebbe costituire la chiave di volta, come il vendolismo milanese. Dove va, Vendola ha successo. Quindi il Pd può pensare sempre meno a un’alleanza con il Polo di centro, che a sua volta potrebbe essere portato a rielaborare il proprio rapporto con il centrodestra. Così rischiano di diventare utili idioti, come erano gli intellettuali con la sinistra. È un’occasione per un centrodestra postberlusconiano, ma sarà una fase molto lunga e travagliata, che potrebbe culminare in una ricomposizione in cui Berlusconi avrà un ruolo marginale o sarà fuori scena. Infatti Bocchino è prudentissimo. Comunque non ci sono più le premesse per un’alleanza tra centro e sinistra». Qualcuno leggeva le comunali anche come un banco di prova per il bassolinismo… «Il bassolisinismo è proprio morto. Non so lui con quanta gioia si sia impegnato per Morcone, ma c’erano suoi uomini in lista. Questa è la fine di un’epoca».
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