
I manifesti sporcano le città. Con accelerazioni atroci nei periodi elettorali. Costano, i manifesti. Costa la fotografia, il modesto sforzo creativo, la stampa, l’attacchinaggio. Mi chiedo spesso: ma chi si ferma a leggerli, chi li guarda davvero, a che servono? In genere c’è un faccione da scemo, un sorriso fasullo, una pelata incipriata e un frase modesta, ad assicurarti che Faccionedascemo si batte per la libertà, ama l’Italia e risolve problemi. Voteremo Faccionedascemo perché l’abbiamo visto su un muro? Certo che no. Nell’era della comunicazione spinta, mentre grandinano immagini da ogni schermo e gli schermi si moltiplicano senza sosta, come si fa a colpire l’attenzione di chi passa, vessato dall’eccesso di stimoli e sfiduciato? Il Pd, alacre e mordace, s’è inventato una soluzione: manifesti senza foto, colori saturi e frasi sibilline. “Conosci Faruk?” “Conosci Eva?” “Eva Faruk Luciano e Serena hanno passioni diverse ma una cosa in comune? Cosa?”. L’idea era di scatenare una irresistibile curiosità. Tale da avvicinarti al muro e leggere un minuscolo indirizzo web. E lì convergere tutti, in fibrillazione. Per trovare cosa? La campagna di tesseramento di un partito. Che culo! La forma prescelta è: “Famolo strano” (Verdone, indimenticabile). E il contenuto?
(Fonte: Lidia Ravera da Il Fatto Quotidiano)
Nessun commento:
Posta un commento