sabato 29 giugno 2024

In un affresco il mistero del tempo

Stefania Cascone
Le opere di Aerma Polani nell’antico Palazzo Comunale di Vico Equense per il Social World Film Festival 

di Armida Parisi - Il Roma

Vico Equense - Una tecnica antica per una sensibilità al passo coi tempi. Per Stefania Cascone, che si firma con lo pseudonimo di Aerma Polani, l’arte è soprattutto un fare, un’idea che, passando attraverso le mani, prende forma e diventa materia viva. Sue le opere che accompagnano il Social World Film Festival da domani, 30 giugno, fino al 7 luglio a Vico Equense in mostra nell’Atrio dell'antico Palazzo Comunale, accanto all’antiquarium. Non poteva esserci sede più adatta per un’artista che sceglie l’affresco come mezzo espressivo d’elezione. E che ha dedicato l’opera realizzata per il Festival proprio a un gruppo scultoreo romano ritrovato nei fondali di Vico Equense, portato al Museo Archeologico di Napoli e mai più esposto: il gruppo riconosciuto dall’archeologo Amedeo Maiuri come “Amore e Psiche” rivive nell’opera di Aerma Polani e diventa un invito a riappropriarsi di una memoria storica che altro non è che presa di coscienza della bellezza del proprio passato. Nata e vissuta alle pendici del Vesuvio Stefania Cascone è stata da sempre catturata dalle ricche pitture parietali delle domus pompeiane. Dipingere ad affresco significa per lei entrare in sintonia con un mondo lontano in cui ritrova le proprie radici ma anche lo stimolo a ripensarsi diversa. L’affascina, dice, «la dimensione del tempo e dello spazio che entrano in gioco simultameamente nel lento processo di realizzazione di ciascuna opera».

 

Il suo è un linguaggio decisamente figurativo, saldamente ancorato alla scuola classica della linea e del colore cui però affianca una connotazione fortemente simbolica, una sorta di scarto comunicativo che spinge lo sguardo verso un itinerario interiore di cui l’immagine rappresentata è solo il punto di partenza. «Quello che mi sta a cuore non è tanto il soggetto dei miei dipinti, quanto il processo che metto in atto per realizzarli. Lavorare ad un affresco significa innanzitutto mettermi in gioco momento per momento, in un dialogo costante con la materia». Lo sguardo si infiamma sulle labbra aperte al sorriso e si sofferma sulla complessità della tecnica che ama: «La caratteristica dell’ affresco è che bisogna dipingere senza fare errori. In genere si fa un disegno preparatorio su cartone che poi si riporta sul muro con la tecnica dello spolvero». Il colore è l’altro elemento chiave dei suoi dipinti: «Molti pigmenti li realizzo io stessa, come il color terra di Siena, raccolto personalmente in quella città; il nerofumo che faccio con la fuliggine del camino o il bianco sangiovanni dalla calce essiccata al sole». Nessun prodotto industriale, nulla di acrilico, tutto è decisamente sostenibile, figlio di una relazione sana con la natura. «Quando stendo il pigmento, il colore si abbassa di due tonalità, quindi devo prevederne il cambiamento». Un po’ pittrice, un po’ alchimista, Aerma si racconta con entusiasmo: «È il bello della mia arte che mi consente di stabilire un dialogo con la materia: questa decide cosa vuole diventare e io non faccio che rispettare la sua decisione». «Nell'affresco - prosegue - il colore viene fissato grazie a una relazione chimica naturale tra la calce fresca e l’anidride carbonica che è presente nell'aria. Si crea così un sale, il carbonato di calcio, che ingloba il colore e lo cristallizza: in questo modo il colore quasi si pietrifica e rimane fissato sul muro in eterno». A meno che, con la tecnica dello “strappo”, l’artista non decida di trasportarli su tela o su tavola: «Trascorso un mese dal momento in cui l’affresco è completato, si passa allo “strappo” della pellicola pittorica tirando via il negativo del disegno che perciò deve essere riportato sulla tela ma che a questo punto potrebbe presentare delle parti mancanti. Perciò bisogna restaurarlo e dunque restituirlo alla sua condizione iniziale: è come se io avessi preso il dipinto, mandandolo prima nel passato e poi recuperandolo nel presente, ma con tutte le tracce del proprio vissuto». Alla fine del lungo processo creativo infatti, ogni dipinto di Aerma Polani - ed è qui il caso di spiegare che il nome d’arte è l’anagramma di “Amare Napoli” - si fa portatore di un significato che che si fonda sul passato senza essere passatista. Un’arte che dialoga con la materia e con il tempo nutrita dello stupore di sentirsi parte di una totalità regolata dalle leggi della fisica e della chimica eppure estremamente mutevole e viva sotto il tocco rispettoso dell’artista.

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