domenica 23 settembre 2018

Microplastiche in mare «Così il Golfo può morire»

Microplastìche in mare: la loro presenza altera l'ecosistema. La conferma arriva dall'elaborazione dei primi risultati dell'esperimento scientifico svolto nel golfo di Napoli dalla stazione zoologica Anton Dohrn, che ha installato sei grandi laboratori sommersi di oltre 15 metri di profondità e 2 metri di diametro per il campionamento delle acque nell'area di Mergellina. I dati, ancora parziali, sono stati anticipati in vista del Forum internazionale sui rifiuti Polieco dal titolo "Plastica: ancora un futuro?", che si tiene a Ischia tra oggi e domani, dopo la presentazione avvenuta, alla presenza del presidente Enrico Bobbio e della direttrice Claudia Salvestrini, proprio alla Stazione zoologica Anton Dohrn. Christophe Brunet, che ha curato la ricerca internazionale, sottolinea come a Napoli sia stato effettuato uno studio non comparabile con nessun altro progetto. Obiettivo della ricerca comprendere gli effetti sulla biodiversità e sulle componenti più grandi che possono finire nei nostri piatti. "Gli studi effettuati finora non hanno tenuto conto di tutta la colonna d'acqua, visto che normalmente i prelievi per il campionamento vengono effettuati in superficie - spiega Brunet - ne hanno preso in considerazione frammenti di dimensioni inferiori a 0,3 millimetri". A Napoli, invece, questi due aspetti sono stati tenuti in considerazione e il risultato del campionamento, in termini numerici, cambia in modo netto.
 
Se infatti le acque superficiali contengono dai 4 ai 10 frammenti ogni 1000 litri di acqua e il dato e' comparabile con quello del Mare del Nord, dell'Oceano Pacifico e Atlantico, quelle più profonde presentano dai 14 ai 23 frammenti per 1000 litri di acqua. "Le microplastiche non restano in superficie e anche se i frammenti sono piccoli e leggeri, una parte consistente scende", afferma Brunet, aggiungendo che "lo studio mette in rilievo che già dopo un giorno, i frammenti si ritrovano da 5 a 10 metri di profondità. Tra il 50 e 90%, si ritrovano a 10 metri dopo 6 giorni". Quali gli impatti? Dallo studio è emerso che il più preoccupante è quello sui microorganismi marini, visto che i frammenti sono colonizzati dai batteri nel giro di poche ore e questo finisce per modificare in maniera rilevante e significativa la biodiversitàbatterica presente nell'acqua e l'attività biologica batterica. "La conseguenza e' che - spiega Brunet - il ciclo naturale delle piccole molecole presenti in acqua viene alterato". A modificarsi è la composizione della comunità delle microalghe e quella dei piccolissimi animali (i microzooplancton) che si nutrono di microalghe e batteri. (Fonte: Metropolis)

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