Pd, cresce la candidatura di Cozzolino (Metropolis)
giovedì 12 giugno 2008
Pd, le «stravaganze» di Bassolino impediscono un reale cambiamento
Caro direttore, si sono sovrapposte negli ultimi giorni, tra Corriere della Sera e Corriere del Mezzogiorno, due rubriche di interventi, da una parte sulle sorti e prospettive del Partito democratico, dall'altra sull'assenza, data per acquisita, della Voce della Borghesia — unica classe tuttora identificabile nella grande mutazione sociale contemporanea? — nella lunga crisi della democrazia in Campania. Si tratta, come è evidente, e come è risultato non solo da alcune posizioni dichiarate, ma soprattutto da alcuni significativi silenzi e ferme non-partecipazioni al dibattito innescato sul Corriere nazionale, di un medesimo nodo discorsivo e polemico. In proposito, induce alla riflessione l'articolo circoscritto e stringente di Sergio Locoratolo («C'è Veltroni, ma a Napoli non c'è il Pd», Corriere del Mezzogiorno di ieri), incrementato da un suo memorando colpo di fioretto sul «Cappello di Bassolino». Siamo allo snodo decisivo. Certamente è «stravagante », come è stata definita, la decisione di lasciare nel vago la data annunciata delle dimissioni, da parte di Bassolino. «Stravagante», perché impedisce una qualsiasi strategia elettorale, una qualsiasi presa di posizione o ri-posizione, persino ogni forma di considerazione o apprezzamento di un periodo e di una figura che sono storia, e storia nostra. E intanto, nel crescente disagio, si chiedono i cittadini: dov'è la struttura del Pd, dove i circoli, dove la linea politica chiara, in Campania, dopo la netta sconfitta del 13 aprile? C'è per ora qualche indicazione. I circoli, questa versione rinnovata delle antiche sezioni di partito, si struttureranno stabilmente in questo mese, a Napoli con grande ritardo; ci saranno manifesti e comunicazioni on line riguardanti il calendario, ci saranno assemblee di circolo, ma non già, come è ormai chiaro, «seconde primarie», e proprio per lo stato d'eccezione provocato dall'eterna emergenza rifiuti. E dunque, questo è il punto nevralgico della questione, nella duplice rubrica tematica di cui si diceva all'inizio. Se l'emergenza divenisse l'occasione oggettiva per gli apparati dei partiti preesistenti per «occupare » i circoli, senza l'apporto della società civile, che è stata l'elemento collante e catalizzatore, ovvero lo spazio di coltura, del 14 ottobre, ebbene sarebbe una ben triste ed effimera vittoria. L'ultima. Lo ha spiegato molto bene, in linea generale, Filippo Andreatta («Il Pd soffocato dalle segreterie», Corriere della Sera dell'8 giugno): «Per quanto appena nato, il Partito democratico non è, per nulla immune all'ondata di professionalizzazione della politica che ha investito la seconda Repubblica, consentendo al ceto politico dei partiti fondatori di sopravvivere, e dominare, al suo interno. Questo crea un problema di credibilità che è destinato a frenare il suo successo elettorale». Ecco, questo rischio, a Napoli e in Campania è sin troppo ricco di implicazioni per la leadership, alla quale la situazione richiederebbe, dice Andreatta, di resistere alla tentazione di sopravvivere in sella a tutti i costi. Per quanto poi riguarda il ceto civile e intellettuale, senza di esso, a Napoli più che altrove, le due forze preesistenti resterebbero al di qua del processo di fusione e di pluralità organica. E allora, forse potrebbe essere questa una di quelle piccole soglie, sulle quali, incespicando, un gruppo sociale, se è qualcosa di più di uno stato d'animo, diventa se stesso, nel momento in cui decide di decidere. (Emma Giammattei da il Corriere del Mezzogiorno)
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