Regione Campania - E’ piena rissa nel centrodestra campano sul caso di Pietro Diodato, giunto ormai alle sue ultime ore da consigliere regionale. Domani l’aula è convocata per la «presa d’atto» della sua decadenza e per la surroga, che cade su un ex, Luciano Passariello. Ma Diodato non è molto disposto a fare, come lui stesso dice, da «agnello sacrificale per ridare verginità a un’assemblea dove certo ci sono soggetti con problemi giudiziari non inferiori al mio». La vicenda inizia da una condanna di Diodato, nel 2008, per turbative elettorali: un anno e sei mesi di reclusione, fra le pene accessorie c’è anche l’interdizione dai pubblici uffici. Ma la cosa viene «scoperta» ufficialmente un mese e mezzo fa, quando la Prefettura invia una nota al Consiglio regionale perché esamini la vicenda e ne tragga le conclusioni. Si discute se la sospensione condizionale, disposta in sentenza per la pena reclusoria, valga anche per quelle accessorie. Due settimane fa il Consiglio vota a favore di Diodato. Ma qualche giorno dopo arriva la notizia che, sulla base di quella stessa segnalazione della prefettura, figlia a sua volta di un esposto, il Comune di Minturno, dove Diodato risiede, lo ha cancellato dalle sue liste elettorali. La giunta per il regolamento della Regione torna a riunirsi martedì sera e stavolta ritiene che ci sia poco da discutere, l’atto di Minturno porta dritto alla decadenza, e ne dispone la presa d’atto in aula. L’avvocato di Diodato, Giovanni Formicola, non ci sta. Ribadisce le cause per le quali la condizionale è valida anche sulle pene accessorie, poi rileva che «l’esecutività o meno della pena è in mano alla sola Procura. Mintumo non può agire su una comunicazione del Prefetto, che in materia non può disporre alcunché». La guerra è però soprattutto politica. Diodato denuncia la solerzia con la quale la presidenza ha mandato il segretario generale a Minturno a procacciarsi l’atto. E domani si va in aula senza tener conto che su Minturno pende un ricorso su cui la Corte d’appello si pronuncerà entro un mese al massimo. «E una situazione kafkiana», dice Diodato, ma nel castello abitano i suoi colleghi di partito. Volano i riferimenti sul senatore Vincenzo Nespoli, già più volte accusato da Diodato di essere fra gli ispiratori della campagna contro di lui. Della presidenza dell’aula, ovvero Paolo Romano, da sempre vicinissimo a Nicola Cosentino, si è detto. D’altro canto Diodato è stato il serbatoio di voti per Mara Carfagna. Non che lui sul ministro si spenda più di tanto: «Ho ricevuto molte telefonate attese, altre che mi aspettavo invece non sono arrivate». Quel che è certo è che «con me ci sono 28 mila voti in libera uscita, possono far gola». Forse anche fuori dal Pdl: ieri alla conferenza stampa c’erano anche «osservatori» di Futuro e libertà. (di Roberto Fuccillo da la Repubblica Napoli)
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