Fonte: Giuseppe Guida da la Repubblica Napoli
La disfatta in corso del sistema del trasporto pubblico in Campania e a Napoli è una delle poche cose che destano ancora meraviglia in una regione oramai avvezza alla cattiva gestione del territorio, all’assenza di programmazione e alla mancanza di priorità nelle cose da fare a fronte di una congiuntura economica sfavorevole. Da politica-simbolo dell’efficienza programmatoria dell’ente regionale, il trasporto pubblico si è quasi d’improvviso trasformato, senza una spiegazione plausibile che non si nasconda dietro la coperta troppo corta della crisi, in un groviglio insolubile, fatto di stipendi non pagati, scioperi a oltranza, riduzione delle corse, soppressione di linee ritenute “non essenziali”, di cronica carenza di manutenzione dei mezzi, di blocco di tutti i progetti, alcuni già finanziati, e persino dell’arresto insensato di cantieri già pienamente in corso. Con una illogica distinzione da tutte le altre regioni italiane, ma anche da tutte le altre nazioni europee, in Campania si è ritenuto sensato provare a riequilibrare i bilanci e i rendiconti in rosso agendo sul trasporto pubblico, come se si trattasse di un accessorio utile, ma non indispensabile. Il Rapporto della Fondazione Cittalia, tanto per citare una fonte indipendente, mette in evidenza come il rafforzare la mobilità di tipo pubblico sarebbe una delle poche cose da fare in tempo di crisi, quando diventa necessario razionalizzare le risorse e ridurre i costi e le pressioni sulla società.
Come, inevitabilmente, rileva Cittalia, infatti, il trasporto pubblico ha ricadute dirette sull’accessibilità ai servizi pubblici urbani, sulla qualità dell’ambiente, sull’efficienza e la competitività delle aree urbane, sulla qualità della vita dei cittadini, dei lavoratori, delle fasce più deboli, degli immigrati. I costi sociali, in termini economici e ambientali, di una sua irrazionale riduzione, soprattutto nelle fasi di crisi, ricadranno sulla collettività in misura amplificata e sempre meno sostenibile. Lo stesso Rapporto dimostra, tra l’altro, che Napoli è, assieme a Milano, la città più “mobile” d’Italia in termini di volume di spostamenti, con una media del 32 per cento di utilizzatori frequenti di mezzi di trasporto, seguita da Roma 27 per cento, Torino 25, Palermo 21. C’è, cioè, nella regione, e nel capoluogo in particolare, una forte domanda di mobilità: agire irresponsabilmente su di essa significa comprimere ancora di più le già scarse occasioni di sviluppo dei territori. Inoltre, l’area metropolitana di Napoli è in assoluto quella con maggiore densità veicolare, pari a circa 6300 veicoli circolanti per chilometro quadrato di superficie. Un dato che, da solo, dovrebbe porre quali prioritarie le politiche di sostegno al trasporto pubblico e alla sua efficienza. E invece le scelte della Regione Campania hanno determinato un taglio dei contributi regionali di quasi 150 milioni di euro. A seguire, la Sepsa ha tagliato del 15 per cento il fondo passeggeri e ridotto le corse, l’Anm ha operato un taglio netto del 20 per cento dei servizi, e così anche Metronapoli, Ctp, Sita e Circumvesuviana, il cui disastro operativo e gestionale è nelle cronache di questi giorni. In sostanza, si sta trasferendo direttamente sui cittadini e sui pendolari, non solo il costo più elevato in termini economici per l’aumento costante delle tariffe, ma soprattutto il disagio e le difficoltà di ritrovarsi, quasi d’improvviso, in un territorio meno interconnesso, frammentato, dove persino il percorso casa-lavoro non pare più garantito. Un risultato sbalorditivo e in gran parte legato non tanto alla difficile congiuntura economica, quanto molto di più a politiche regionali mediocri e finalizzate, di concerto con il governo centrale targato Lega, a non spendere danaro, per ora, in attesa di tempi migliori. Per anni abbiamo esportato nel mondo l’immagine positiva della rivoluzione dei trasporti, delle metropolitane dell’arte, dei sistemi integrati ferro-gomma-mare. Un progetto che, oltre al risultato più visibile della riqualificazione urbana, si proponeva di ridare logica, come si legge nei documenti ufficiali, alla mobilità nelle sue diverse componenti, cresciute quasi esclusivamente per logiche settoriali, attraverso la definizione di un sistema di servizio unitario per l’intera regione, integrato, attrattivo per qualità e livelli di servizio, accessibile dal territorio nella sua interezza e, quindi, competitivo con il mezzo di trasporto individuale. Di tutto ciò, nelle inedite e poco comprensibili azioni dell’attuale governo regionale è rimasta ben poca traccia, sostituito da non si sa bene quali altre priorità, da quali altre politiche strutturali di rilancio dell’economia, da quali altre forme di sviluppo del territorio. Insomma, dal nulla.
Nessun commento:
Posta un commento