giovedì 22 settembre 2011

Voto sporco, l'Antimafia indaga sulle primarie del Pd

Fonte: Adolfo Pappalardo il Mattino

Sono finite sotto un ciclone tutto politico e passate (indenni) per due ricorsi urgenti in tribunale. Epperò ora, a nove mesi dal suo svolgimento e a tensioni solo parzialmente ormai superate, sulle primarie del centrosinistra c’è qualcuno altro che vuole vederci chiaro. Sono i magistrati della Dda di Napoli che una decina di giorni fa hanno fatto acquisire dalla polizia giudiziaria, nella sede della federazione del Pd di Napoli, gli elenchi di chi votò il 23 gennaio per decidere chi doveva essere il candidato sindaco del centrosinistra. Si sfidavano, allora, l’europarlamentare pd Andrea Cozzolino, l’ex sottosegretario Umberto Ranieri, l’assessore comunale Nicola Oddati (tutti del partito Democratico) e Libero Mancuso, ex magistrato antimafia, sotto le insegne di Sinistra e Libertà. Ma nonostante la grande affluenza alle urne (44.188 votanti) di quella piovosa domenica di gennaio si ricordano, soprattutto, le violente polemiche post voto. Vittoria di Cozzolino con 1200 voti di scarto ma mai formalmente riconosciuta né dal Pd né dal suo principale avversario Umberto Ranieri. Accuse pesantissime di brogli da parte di quest’ultimo, già a poche ore dalla chiusura delle urne, che faranno tremare il partito di Bersani sin nelle fondamenta.


Poi l’accusa più infamante, prima sussurrata e poi detta ad alta voce: la camorra ha inquinato il voto. Quel voto del popolo di centrosinistra. Nel mirino, di chi contesta il risultato, finiscono i quartieri di Miano e Secondigliano. Due sezioni, in particolare: un caf e una sede del Pd. Due notti dopo il voto il comitato di garanzia, presieduto da Cananzi e insediato presso la sede del Pd di Napoli, sta per annullare quel voto in quelle due sezioni. Ma tutto si blocca per le violente contestazioni di alcuni iscritti al partito che irrompono nella segreteria di via Toledo. Accuse incrociate che si susseguiranno per giorni avvelenando la vita politica del centrosinistra. Da quelle accuse sono partiti i magistrati napoletani della Dda per focalizzare tutta la vicenda e cercare di capire se dietro una parte di quel voto ci sia stata la regia dei clan. Ad occuparsene è la sezione dell’antimafia che ha la competenza su tutta l’area nord di Napoli. Secondigliano, in particolare. Nell’ipotesi al vaglio dell’inchiesta, alle prima battute, ci sono le pressioni dei clan della zona nel condizionare il voto delle primarie del centrosinistra. Capire se e come la camorra abbia potuto spingere gli elettori a recarsi alle urne. E se, ovviamente, per questo tipo di pressioni ci sia stato un giro di denaro. Soldi girati dalla politica ai clan che, a loro volta, hanno pagato e spinto decine e decine di persone a esprimere la propria preferenza e, soprattutto, a condizionare quel voto dello scorso gennaio. Per questo fondamentale, per la polizia giudiziaria, acquisire dagli uffici della federazione pd di via Toledo gli elenchi con i nominativi degli oltre 44mila votanti. Con un focus particolare sulle sezioni dell’area nord. Spulciare uno ad uno i nomi per verificare se ci siano esponenti di famiglie camorristiche, o comunque di persone a loro orbitanti, in quegli elenchi. Inchiesta, alle prime battute dicevamo, ma a colpire subito gli inquirenti una serie di cognomi a loro noti che si susseguono con insistenza. Interi nuclei familiari recatisi nelle sezioni, pronti a mettersi diligentemente in fila, per esprimere la propria preferenza su chi avrebbe dovuto essere il candidato sindaco di centrosinistra. Molte, moltissime persone, ipotizzano i magistrati titolari del fascicolo, sarebbero state pagate.

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