sabato 4 maggio 2013

Il leader Idv Antonetti si lancia dal ponte di Seiano Sorrento sotto choc. Il giallo dell’ultima telefonata

Fonte: Salvatore Dare da Metropolis

Vico Equense - Un giovane robusto come una quercia. Un uomo di mare, cresciuto su un gozzo armato a vela latina, il Santa Rosa. Alto, biondo, occhi azzurri, in salute, con una famiglia alle spalle sicura e calata nell’imprenditoria della Sorrento che conta. Amava la politica, quella vera. Uno che avrebbe fatto di tutto per difendere la sua città e che ci ha provato con un impegno costante, determinato, anche rabbioso. Contro i poteri forti e le lobby del cemento. “Prima o poi ce la faremo” diceva agli amici, anche quando faceva l’oppositore ostinato consapevole di poter perdere simpatie e contatti da un momento all’altro. Sognava un domani migliore per un figlio che avrebbe voluto dalla sua semplice Stefania, la futura moglie da sposare il 22 giugno, in Cattedrale. Una storia d’amore nata nel borgo mozzafiato di Marina Grande, che l’aveva rapito da qualche anno e che si è spezzata di colpo, in un torrido pomeriggio di maggio. Un caldo pazzesco per una tragedia incredibile. A Seiano, a Vico Equense. Sono quasi le sette di sera. Ha deciso di lanciarsi nel vuoto, giù dal ponte della stazione della Circumvesuviana. Un volo di 50 metri che non gli ha lasciato scampo: Giovanni Antonetti, 33 anni, avvocato, coordinatore in penisola sorrentina dell’Italia dei Valori, chissà cosa avrà pensato in quel momento. Fermo sulla piazzola d’attesa della stazione, in abito scuro: giacca, cravatta e ventiquattrore d’ordinanza, lasciata a terra prima di scavalcare la ringhiera e farla finita. Prima una telefonata. In molti l’hanno visto discutere al cellulare. Poi ha chiuso.
 
Fino alla decisione-choc. Ha fissato il vallone con lo sguardo tramortito, amaro. Un mistero fitto su chi ci fosse dall’altra parte della cornetta e su cosa l’abbia spinto a volere presto la morte. A nessuno aveva confessato la volontà di ammazzarsi. Non ha lasciato neppure una lettera, né ha spedito un sms. Silenzio. Fra gli sguardi sbigottiti dei passeggeri del treno diretto a Sorrento e fra le botte da orbi tra giovani di ritorno dal mare che stavano duellando per un cellulare sparito. Sangue e ferite, quindi il fiato sospeso. “Ma che fa?”. Inutile urlare, inutile chiedere aiuto: “Giogiò”, così lo chiamavano tutti, non c’è più. Stop, per sempre. Era appena tornato da Roma, in treno. Due giorni e via, poi il ritorno a Sorrento. Aveva pure fatto visita al suo mentore, l’ex senatore Nello Di Nardo, che appena saputa la notizia ha raggiunto in pochi minuti Seiano. Lacrime agli occhi, nessuna voglia di parlare: “Non ci credo, non ci credo”. Antonetti, da tempo, studiava per diventare notaio. Ma dal concorso nessuna buona nuova: nulla di fatto, tutto da rifare. E un’amarezza che ha scalfito quel ruspante avvocato che tanti lo vedevano proiettato addirittura verso il Parlamento. Una delusione forte. Che forse l’ha sconvolto, come l’agguato ai carabinieri di Palazzo Chigi. “Ma in che mondo viviamo?” disse domenica sera, colpito dalla baraonda della Capitale. Candidato sindaco per l’Italia dei Valori alle amministrative del 2010 vinte da Giuseppe Cuomo, non riuscì a entrare in consiglio comunale ma non ha smesso di fare opposizione. Mai. Difesa del verde, lotta agguerrita ai parcheggi interrati e a Boxlandia, trasparenza sulla gestione degli ospedali della costiera da consulente legale della commissione parlamentare sugli errori sanitari presieduta da una spalla fedele, l’ex onorevole dell’Idv, Antonio Palagiano. Più una valanga di esposti in Procura per procedure, affidamenti e servizi messi a punto dal Comune di Sorrento e su cui esigeva risposte precise. Come sul progetto di uno stadio “degno della nostra città”. Sì, perché amava il calcio. La partitella fra amici una volta a settimana, in cui dava l’anima per vincere. L’ultima volta l’ha frenato una contusione: una visita rapida all’ospedale di Sorrento su cui il dossier stilato dal pool Palagiano per cui ha lavorato da assistente ha sollevato ombre. “Ma mi hanno trattato bene, ci mancherebbe”. Poi la riabilitazione curata dallo staff sanitario del Sorrento calcio. Una squadra che ogni tanto seguiva anche dal vivo, dalla curva. Occhi azzurri come il mare: “Non sono uno skipper, ma ci tento” si provava a giustificare quando qualcuno lo prendeva in giro sul suo legame con la vela. Suo padre, il comandante Giancarlo Antonetti, presidente dell’associazione “Asso vel’a tarchia”, molte volte l’ha portato con sé, a bordo del gozzo “Santa Rosa” con cui ha vinto – da membro dell’equipaggio – più di una regata d’epoca. Figlio di Rosaria Iaccarino, cugina di Costanzo Iaccarino, presidente di Federalberghi Campania, Giovanni Antonetti non c’è più. Un giallo in piena regola per un ragazzo che scoppiava di salute. Il corpo è già stato restituito ai familiari, il pm di turno ha subito liberato la salma. Entro il weekend l’ultimo saluto

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