Processo per gli sversamenti a Massa Lubrense, arriva la sentenza d'appello: in primo grado tutti condannati
Fonte: Salvatore Dare da Metropolis
Massa Lubrense -
Assoluzione per l’accusa di aver consentito lo scarico delle acque - giudicate inquinate - dal depuratore di Torca nel rivo Zappino - che porta all’oasi protetta di Punta Campanella - senza le necessarie autorizzazioni della Provincia di Napoli. Prescrizione, invece, per l’ipotesi di reato più pesante, quella del danno ambientale.
Finisce così il processo bis agli ex vertici della società che gestisce le risorse idriche, Gori, rinviati a giudizio per il malfunzionamento dell’impianto situato a Massa Lubrense e per cui, in primo grado, beccarono una condanna a 8 mesi di reclusione dal Tribunale di Sorrento (pena sospesa). Una querelle partita nel 2007 e che ha visto sotto accusa l’ex amministratore delegato di Gori Stefano Tempesta, l’ex direttore generale Pasquale Malavenda, l’allora responsabile d’area Agnello Marone, il responsabile della rete fognaria e di depurazione Luca Matrecano e Alberto Irace, all’epoca presidente dell’ente d’ambito sarnese vesuviano.
(Il testo continua dopo l'immagine.) Parte civile nel giudizio il Wwf della penisola sorrentina rappresentato dall’avvocato penalista Giovanbattista Pane che, mesi fa, chiese e ottenne la fissazione del giudizio di secondo grado.
La sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Napoli riguarda il procedimento penale per reati ambientali, che risale al lontano 2007, a chiusura di un’indagine delicata sugli allora vertici della Gori che, a Massa Lubrense, all’epoca deteneva la gestione del depuratore di Torca. La società, nel 2002, rilevò l’impianto su cui furono portati avanti interventi di riparazione circa alcuni presunti malfunzionamenti che avrebbero, in certi casi, inficiato sulla qualità degli scarichi. Successe che nel 2005, a Torca, per un guasto, si creò una vera e propria cascata di schiuma bianca. Un episodio dovuto a un problema di natura tecnica che fu riscontrato sia all’uscita che allo sbocco d’ingresso dell’impianto. Il depuratore di Torca, inizialmente - stando anche alla sentenza emessa in primo grado - venne definito incompatibile con rifiuti non biologici e, dunque, non in grado di poter eventualmente provvedere allo smaltimento dei liquidi ad alto carico inquinante, soprattutto se di origine sintetica. Una situazione tutt’altro che leggera, insomma, complicata anche dall’inserimento fuorilegge nel “giro” di sversamenti da parte di distributori di carburante, oleifici e anche lavanderie. Nel getto del depuratore di Torca, a quel punto, furono ritrovati segnali circa fanghi irregolari fatti convogliare proprio nell’impianto in gestione a Gori. E tutto a danno dell’ambiente anche perché alcune analisi confermarono l’inquinamento con il superamento dei valori imposti dalla normativa.Partirono delle indagini sia sullo sversamento delle acque nel rivolo Zappino (che porta nell’area protetta di Punta Campanella) che, secondo gli investigatori, venivano effettuati senza i permessi della Provincia di Napoli. A complicare le cose anche l’articolo 734 del codice penale: danno ambientale contestato a tutti gli imputati.
In primo grado, Tempesta, Malavenda, Marone, Matrecano e Irace furono condannati a otto mesi. Poi il giudizio d’appello, richiesto dal Wwf, e la sentenza definitiva che chiude il procedimento: assoluzione per le presunte ombre sui permessi, prescrizione per il reato ambientale.
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