sabato 25 dicembre 2021

Essere chiesa al tempo del covid. Don Pasquale Vanacore “Chiudere le chiese? E’ stato un disastro”

Scelta giusta sul piano sanitario, ma ha acuito scristianizzazione e secolarizzazione società anche con le messe on line. La crisi può essere una benedizione: ripartire dai poveri per dare credibilità alla chiesa. Basta usare i sacramenti per fare feste 

da Agorà

Vico Equense - Don Pasquale Vanacore parroco presso la chiesa di San Michele Arcangelo di Ticciano nel Comune di Vico Equense e Direttore dell'Ufficio Beni culturali della diocesi Sorrento-Castellammare di Stabia. Nell'ambito di questa competenza ha anche la responsabilità per l'attività edilizia legata ai luoghi di culto. E’ cultore di storia locale con all'attivo numerose pubblicazioni. Quello che stiamo per vivere è il secondo Natale con la pandemia in corso. L'emergenza sanitaria ha cambiato tutto: lavoro, vita sociale e familiare. Anche nel rapporto con la fede è cambiato qualcosa? Certo, la pandemia ha messo a nudo un processo di secolarizzazione e scristianizzazione già in atto ma di cui non ci rendevamo perfettamente conto. lo me ne sono accorto appena tornato nella parrocchia di Ticciano, dove sono stato richiamato dopo quindici anni. Ho avuto modo di sperimentare il prima ed il dopo. Cosa ha trovato? Una comunità disaffezionata alla chiesa, soprattutto tra i giovani. Come valuta questa condizione? Non è una catastrofe, ma una benedizione. Dobbiamo ripartire dalle piccole comunità. Il covid ci ha fatto fare i conti con quelli che hanno resistito, nonostante tutto A chi si riferisce? A quelle persone che hanno ripreso a frequentare la chiesa. Costoro non sono, in tempi quantitativi, comparabili a quelle di prima. A cosa è dovuta questa disaffezione? Forse anche a qualche errore fatto da noi. Alcuni hanno percepito che non fosse importante andare in chiesa, dopo la chiusura dei luoghi di culto per gestire al meglio la diffusione dei contagi legati alla pandemia. La scelta è stata motivata da ragioni obiettive ed in un'ottica di contenimento del virus, oltre a definire la piena collaborazione con. le autorità sanitarie. Ma sul piano della fede è stata un disastro. C’è stato, nel recente passato, una forte limitazione alla celebrazione comunitarie eh ai sacramenti. Non si sa cosa ci riserva il futuro. Tra i preti c'è stato chi ha utilizzato le nuove tecnologie per mantenere il contatto con i fedeli. Lei come si è regolato e cosa farà nel caso tornassero i divieti alla vita comunitaria? Non credo abbia fatto troppo bene il proliferare delle dirette streaming Ci sono state troppe messe in Tv, troppa spettacolarizzazione del Sacro. Gli strumenti digitali vanno usati con cautela e riservati ad altri momenti. La messa doveva, forse, risuonare nel cuore dei fedeli ed essere evocata anche solo in forma di desiderio.


Il virus ha cambiato anche il suo modo di essere prete? Il mio sicuramente no, già faccio una vita che punta all'essenziale. Cosa pensa della campagna vaccinale, del movimento "no vax" e di quanti anche all'interno della chiesa nutrono perplessità sulla scelta del vaccino? In parte ho già risposto con un articolo pubblicato sul vostro giornale qualche settimana fa, a proposito di una pandemia di due secoli fa per dimostrare come certe cose ritornano e fanno parte di un modo di pensare non nuovo, Anche allora si utilizzavano argomentazioni complottiste simili a quelle di oggi per argomentare contro i vaccini. Non vanno bene i no vax soprattutto se credenti che fanno della loro fede una bandiera per portare avanti queste posizioni Chi si vaccina pensa non solo a se stesso, proteggendosi, ma anche agli altri. E’ la prima forma di amore del prossimo. Nasce una nuova dimensione della fede da questa crisi? Il profilo economico di questa crisi impone alla chiesa di rivedere il proprio rapporto con i poveri. E’ su questo che si gioca tutto, evitando di rifugiarsi in forme cultuali e sacrali. La credibilità della chiesa è nel rapporto con i poveri. Se c'è culto ma non c'è carità è religiosità di comodo. Questa crisi che viviamo, non solo sul piano economico, può essere importante per tornare all'essenziale. A cosa si riferisce? Va ridimensionato un certo delirio verso i sacramenti. Usare i sacramenti come pretesto fare festa è sbagliato. Oggi, per la situazione che viviamo, si assiste a maggiore sobrietà. Ci sono pochi invitati in occasione di battesimi, prime comunioni e matrimoni. E così viene riscoperto, finalmente, il senso più autentico dei sacramenti. La crisi scaturita dall'emergenza sembra aver favorito un maggiore impegno ed attenzione alla dimensione sociale dalla parte della chiesa locale. Oltre al ruolo svolto dalla Caritas, c'è stata l'attenzione ai problemi sanitari ed ai diritti del mondo del lavoro. Cosa ne pensa? Si, c’è stato un impegno su questi temi da parte delle Unità pastorali. Ma la chiesa non sostituisce o vuole mettersi al centro di niente. E’ solo che altri soggetti vengono meno. Con la caduta dell'impero romano i Vescovi iniziarono a governare, ma per coprire un' assenza. Come testimoniare la fede al tempo del coronavirus? Con molta umiltà, profondità ed essenzialità. Cosa intende per essenzialità? Andare al Vangelo, senza troppi fronzoli. Il mondo non ha bisogno di prediche, ma di testimonianze. Dobbiamo sforzarci di essere: livieto nella pasta, sale che dà sapore, luce del mondo. Senza la pretesa di essere massa, superando anche forme di autoritarismo ed autoreferenzialità da parte dei preti. Piccole comunità ferventi, questo vedo nel futuro della chiesa.

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