Scelta giusta sul piano sanitario, ma ha acuito scristianizzazione e secolarizzazione società
anche con le messe on line. La crisi può essere una benedizione: ripartire dai poveri per dare credibilità
alla chiesa. Basta usare i sacramenti per fare feste da Agorà
Vico Equense - Don Pasquale Vanacore parroco presso la chiesa di San Michele Arcangelo di
Ticciano nel Comune di Vico Equense e
Direttore dell'Ufficio Beni culturali della
diocesi Sorrento-Castellammare di Stabia.
Nell'ambito di questa competenza ha anche
la responsabilità per l'attività edilizia legata
ai luoghi di culto.
E’ cultore di storia locale con all'attivo numerose pubblicazioni.
Quello che stiamo per vivere è il secondo
Natale con la pandemia in corso. L'emergenza sanitaria ha cambiato tutto: lavoro,
vita sociale e familiare. Anche nel rapporto
con la fede è cambiato qualcosa?
Certo, la pandemia ha messo a nudo un processo di secolarizzazione e scristianizzazione già in atto ma di cui non ci rendevamo perfettamente conto.
lo me ne sono accorto appena tornato nella parrocchia di Ticciano, dove sono stato
richiamato dopo quindici anni. Ho avuto
modo di sperimentare il prima ed il dopo.
Cosa ha trovato? Una comunità disaffezionata alla chiesa, soprattutto tra i giovani.
Come valuta questa condizione?
Non è una catastrofe, ma una benedizione.
Dobbiamo ripartire dalle piccole comunità.
Il covid ci ha fatto fare i conti con quelli che
hanno resistito, nonostante tutto
A chi si riferisce?
A quelle persone che hanno ripreso a frequentare la chiesa. Costoro non sono, in tempi quantitativi, comparabili a quelle di prima.
A cosa è dovuta questa disaffezione?
Forse anche a qualche errore fatto da noi.
Alcuni hanno percepito che non fosse importante andare in chiesa, dopo la chiusura
dei luoghi di culto per gestire al meglio la
diffusione dei contagi legati alla pandemia.
La scelta è stata motivata da ragioni obiettive ed in un'ottica di contenimento del virus,
oltre a definire la piena collaborazione con.
le autorità sanitarie.
Ma sul piano della fede è stata un disastro.
C’è stato, nel recente passato, una forte limitazione alla celebrazione comunitarie eh
ai sacramenti. Non si sa cosa ci riserva il futuro. Tra i preti c'è stato chi ha utilizzato le
nuove tecnologie per mantenere il contatto
con i fedeli.
Lei come si è regolato e cosa farà nel caso
tornassero i divieti alla vita comunitaria?
Non credo abbia fatto troppo bene il proliferare delle dirette streaming
Ci sono state troppe messe in Tv, troppa
spettacolarizzazione del Sacro.
Gli strumenti digitali vanno usati con cautela e riservati ad altri momenti.
La messa doveva, forse, risuonare nel cuore dei fedeli ed essere evocata anche solo in
forma di desiderio.
Il virus ha cambiato anche il suo modo di
essere prete?
Il mio sicuramente no, già faccio una vita
che punta all'essenziale.
Cosa pensa della campagna vaccinale,
del movimento "no vax" e di quanti anche
all'interno della chiesa nutrono perplessità
sulla scelta del vaccino?
In parte ho già risposto con un articolo pubblicato sul vostro giornale qualche settimana fa, a proposito di una pandemia di due
secoli fa per dimostrare come certe cose
ritornano e fanno parte di un modo di pensare non nuovo,
Anche allora si utilizzavano argomentazioni
complottiste simili a quelle di oggi per argomentare contro i vaccini.
Non vanno bene i no vax soprattutto se credenti che fanno della loro fede una bandiera
per portare avanti queste posizioni
Chi si vaccina pensa non solo a se stesso,
proteggendosi, ma anche agli altri.
E’ la prima forma di amore del prossimo.
Nasce una nuova dimensione della fede da
questa crisi?
Il profilo economico di questa crisi impone
alla chiesa di rivedere il proprio rapporto
con i poveri.
E’ su questo che si gioca tutto, evitando di
rifugiarsi in forme cultuali e sacrali.
La credibilità della chiesa è nel rapporto con
i poveri.
Se c'è culto ma non c'è carità è religiosità di
comodo. Questa crisi che viviamo, non solo
sul piano economico, può essere importante per tornare all'essenziale.
A cosa si riferisce?
Va ridimensionato un certo
delirio verso
i sacramenti.
Usare i sacramenti
come
pretesto
fare festa è sbagliato.
Oggi, per la situazione che
viviamo, si assiste a maggiore
sobrietà.
Ci sono pochi invitati in occasione di battesimi, prime comunioni e matrimoni.
E così viene riscoperto, finalmente, il senso
più autentico dei sacramenti.
La crisi scaturita dall'emergenza sembra
aver favorito un maggiore impegno ed attenzione alla dimensione sociale dalla parte della chiesa locale. Oltre al ruolo svolto
dalla Caritas, c'è stata l'attenzione ai problemi sanitari ed ai diritti del mondo del
lavoro. Cosa ne pensa?
Si, c’è stato un impegno su questi temi da
parte delle Unità pastorali.
Ma la chiesa non sostituisce o vuole mettersi al centro di niente.
E’ solo che altri soggetti vengono meno.
Con la caduta dell'impero romano i Vescovi iniziarono a governare, ma per coprire
un' assenza.
Come testimoniare la fede al tempo del coronavirus?
Con molta umiltà, profondità ed essenzialità.
Cosa intende per essenzialità?
Andare al Vangelo, senza troppi fronzoli.
Il mondo non ha bisogno di prediche, ma di
testimonianze. Dobbiamo sforzarci di essere: livieto nella pasta, sale che dà sapore, luce del mondo.
Senza la pretesa di essere massa, superando
anche forme di autoritarismo ed autoreferenzialità da parte dei preti. Piccole comunità ferventi, questo vedo nel futuro della chiesa.
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