mercoledì 9 maggio 2018

Voto a luglio, lo scetticismo degli italiani «Meglio andare in vacanza, nulla cambia»

Fonte: Barbara Acquaviti da Il Mattino

La politica si divide, i cittadini anche. L'idea di votare a luglio è uno di quegli argomenti che, tra amici o al bar, finiscono per alimentare opposte fazioni, come un rigore negato in campionato. «Meglio cavarsi il dente», «tanto non cambia niente»: che prevalga l'uno o l'altro umore, su una cosa i sondaggisti sono d'accordo: l'esito più probabile di eventuali elezioni balneari è quello di toccare vette inesplorate di astensionismo. Sono due i fattori che potrebbero pesare: le vacanze e la disaffezione. Secondo le stime di Confturismo c'è un trend di crescita rispetto al 2017 e gli italiani che sceglieranno luglio per le vacanze potrebbero essere anche dodici milioni. Stime leggermente più basse, ma comunque significative, per Federalberghi che calcola 9,5 milioni di vacanzieri. Ernesto Mazzi, presidente della Fiavet Lazio sottolinea come «la possibilità di andare a votare nel mese di luglio penalizzerebbe ulteriormente la situazione già estremamente critica delle imprese di viaggi e turismo». Non solo: «Sono alcune migliaia gli animatori stagionali italiani, già in partenza verso i villaggi e le località turistiche estere, che non parteciperebbero all'eventuale voto di luglio». Non ha dubbi Roberto Dionisi, presidente dell'Associazione nazionale animatori (Ana), che a Labitalia parla dell'ipotesi "urne deserte". «Gli animatori – sottolinea costituiscono la fetta maggiore di lavoratori stagionali che vanno oltreconfine per un periodo abbastanza lungo. Stiamo parlando di diversi mesi: maggio, giugno, luglio, agosto e settembre, per alcuni anche ottobre, che vedono impegnato un professionista del turismo estivo full time lontano dal proprio Paese».
 
Dionisi fa notare: «Le altre tipologie professionali che si trovano in un contesto estero d'estate sono ricoperte, nella maggior parte dei casi, da persone del posto. Sono il frutto, come ad esempio nei villaggi del Mar Rosso, di accordi intergovernativi che prevedono appunto la contrattualizzazione dei residenti locali». Al di là delle ricadute economiche, c'è anche il tema del rapporto tra politica ed elettori. Secondo un sondaggio di Tecnè, se si votasse oggi, astensionisti e indecisi rappresenterebbero il 37,9 percento mentre per l'Istituto Noto il 30 per cento di chi si è recato alle urne il 4 marzo sa già che non confermerà la scelta compiuta, optando per altro o snobbando le elezioni Uno scenario ipotizzato anche dagli stessi eletti in Parlamento. «Voto a luglio? Ci tirerebbero dietro sandali, paletta e secchiello», il commento di Giorgio Mule, portavoce dei parlamentari di Forza Italia, a 24Mattino di Luca Telese e Oscar Giannino su Radio 24. «A luglio, giugno, possiamo mettere le cabine elettorali sulle spiagge. L'Italia è ormai un paese operativo», ironizza Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania ed esponente dei democratici, nonché padre di Piero, neodeputato alla Camera. Da alcuni sondaggi realizzati da Eumetra-Mr - spiega Renato Mannheimer - si evince una certa prevalenza della disaffezione verso i politici causata anche da questa riflessione: «Il tono è "potevano fare un governo, è il loro mestiere", quindi cresce l'antipolitica». La riprova? «Alla domanda qual è il primo provvedimento che vorreste da un governo, il 70 per cento degli elettori di partiti diversi ha risposto il taglio dei vitalizi in Parlamento». Indica criticità nel voto a luglio anche il presidente di Ipsos-Italia, Nando Pagnoncelli. «Questo potrebbe penalizzare alcuni e avvantaggiare altri, ad esempio gli anziani che vanno meno in vacanza e quindi più probabilmente ai seggi». Resta trasversale «una scarsa motivazione dell'elettorato: molti sono sconfortati perché non si e trovato un accordo». Ma a chi viene data la colpa dell'impasse? Una larga parte se la prende con la legge elettorale: per il 79 per cento degli intervistati da Swg va cambiata. Altri individuano due colpevoli; Luigi Di Maio per il 30-32 per cento e Silvio Berlusconi per il 18-20 per cento. «Sono percepiti - spiega Enzo Risso, direttore scientifico di Swg -come i principali ostacoli a una forma di accordo».

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