domenica 1 giugno 2008
Gomorra, i talenti e il dovere della speranza
Di sicuro non piacerebbe né a Roberto Saviano né a Matteo Garrone sentire i commenti di alcuni, che, dopo aver visto il film Gomorra, si sono lasciati andare a giudizi del tipo: «Se questa è Napoli bisogna sperare che bruci con tutti i napoletani!». Proprio Saviano è un esempio di napoletano «altro» rispetto ai tanti volti e personaggi negativi raccontati nel film. Sì, perché Gomorra è un film che racconta una realtà di Napoli. Ma chi guarda Gomorra è portato purtroppo dal film a credere che ciò che vede è così, ed è immutabile, perché Napoli è questo e perché speranze non ce ne sono. Eppure qualsiasi inferno è tale proprio perché da qualche parte c’è una luce diversa, qualunque tunnel presuppone la possibilità di uscita. Ovviamente Gomorra è un bel risultato di un regista giovane e bravissimo e di un autore nuovo dall’immenso coraggio. Il volto di Saviano è un volto dai tratti forti, autentico, diretto. Il suo sguardo profondo ci dice che tutto il suo successo è meritato proprio perché non previsto, come il talento che sfonda con la forza della verità e lo sconvolgimento degli schemi. Ecco perché il volto di Saviano è un volto di speranza e quella speranza viene proprio da Napoli. E Garrone, l’indimenticabile regista de L’imbalsamatore, è un altro talento che spesso ha avuto a che fare con la difficile realtà campana. Lo so, agli artisti non si può chiedere di aggiungere o togliere qualcosa dalle loro opere d’arte, è stupido, impertinente e illogico. Ma indicare una speranza per Napoli oggi è un dovere. (Rosalia Porcaro il Mattino)
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