martedì 7 settembre 2010

Agguato alla legalità

Quando viene ammazzato un sindaco del valore di Angelo Vassallo in un comune e in una zona di scarso radicamento della criminalità organizzata, l’amarezza, la rabbia e il dolore debbono lasciare il posto ad alcuni pressanti interrogativi. Anche nel Cilento gli interessi camorristici si sono consolidati e ramificati? Al punto da determinare l’uccisione del sindaco-bandiera di un intero territorio pur di non avere nessun ostacolo nella difesa dei propri tornaconti malavitosi? Possibile che non ci siano stati quei segnali premonitori (intimidazioni, minacce, avvertimenti, attentati sui cantieri, danneggiamenti di locali pubblici) che quasi sempre precedono un delitto di stampo mafioso? Ed è possibile che la situazione si era fatta così grave senza che ci fosse una traccia di tale livello di allarme nelle relazioni della magistratura, nei rapporti delle forze dell’ordine, negli articoli di stampa, nelle attività di denuncia dei partiti e delle organizzazioni sindacali? Se Angelo Vassallo avesse avuto la certezza di un rapido impadronirsi di attività economiche da parte di forze camorristiche, ne avrebbe parlato pubblicamente, avrebbe avvertito di ciò le forze dell’ordine e la magistratura, avrebbe usato le sue notevolissime relazioni con il mondo politico-istituzionale e con la stampa per denunciarlo. Il coraggio non gli mancava. Dopo la grande speculazione edilizia sulla costa cilentana degli anni ’60-’70 fatta anche con capitali malavitosi, dopo il tentativo di inserimento nelle attività turistiche culminato nella costruzione dell’Hotel Castelsandra a San Marco di Castellabate da parte di un clan camorristico, dopo la cattura di latitanti nascosti nella zona, sembrava che il Cilento avesse mantenuto una sua estraneità al fenomeno camorristico; o , in ogni caso, un’aggressione esterna senza radicamento locale. Anche i grandi interventi infrastrutturali, che superavano l’isolamento geografico del Cilento, avevano sì registrato alcuni tipici fenomeni di corruzione politico-imprenditoriale ma senza un’esposizione al controllo della delinquenza organizzata. Se dietro il delitto di Angelo Vassallo c’è la mano di bande di camorra, è incredibile come non ci sia stato un allarme nei mesi precedenti. Certo, il comune di Pollica era ed è al centro di grossi investimenti in opere pubbliche e di infrastrutture al servizio del turismo. Vassallo era riuscito a ottenere importanti risorse regionali ed europee per realizzare il sogno di un grande porto tra Agropoli e Sapri. Ed era riuscito a coniugare interventi massicci in infrastrutture con le peculiarità storiche della sua comunità. La modernità per lui non doveva offendere le tradizioni e lo scorrere tranquillo della vita cilentana. Chi veniva a godersi l’incanto di uno dei mari più puliti e uno dei centri storici più lindi e ben conservati d’Italia, doveva adattarsi ai ritmi e alle abitudini di chi già ci viveva, piuttosto che imporre i propri. Innovazione e salvaguardia della peculiarità cilentana erano perfettamente coniugate ad Acciaroli e a Pioppi e negli altri splendidi borghi collinari che danno vita al comune di Pollica. Se questa comunità è diventata espressione di un Sud capace di amministrare e tutelare le proprie risorse al pari, se non meglio, di altre piccole località italiane lo si deve alla tenace azione del sindaco-pescatore. Una tenacia che lo portava a brusche reazioni quando si frapponevano impedimenti non giustificati ai suoi obiettivi ambiziosi di trasformazione di Acciaroli in un borgo marinaro di importanza internazionale. Così nelle settimane scorse aveva lodato della Lega di Bossi la capacità di sostenere la competenza dei sindaci di fronte alle pretese del demanio marittimo e di altre istituzioni di comandare sui porti. Sì, Angelo a volte era brusco, di una schiettezza burbera tipica del carattere cilentano. Diceva molti no, soprattutto verso chi credeva di potersi vedere riconosciuto il diritto a intraprendere senza tenere conto degli interessi della intera collettività. Immaginava un’armonia tra ambiente, mare e attività turistiche. E se doveva dire a un suo compaesano che una finestra anodizzata o una costruzione abusiva stonavano con tale armonia, lo faceva di persona. Anche tra i tanti no che ha detto va cercata la causa del delitto di uno degli uomini di governo che non ti faceva vergognare del modo in cui in tanti nel Sud hanno inteso l’autonomia comunale. Quando l’abitudine di chi governa è quella di non inimicarsi un possibile elettore, Angelo svettava per la sua atipicità. Una mano assassina, piena di odio e rancore, ci ha tolto una delle figure più significative del nostro Sud. (di Isaia Sales da il Corriere del Mezzogiorno)

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