Onorevole Luisa Bossa, lei appartiene a quelli che non hanno gradito il “ritorno” operativo di Walter Veltroni? «Non mi è piaciuto. Non condivido il modo, né la tempistica di quel documento. Veltroni ha regalato ai berlusconiani, mentre erano impegnati a scannarsi, l´immagine insperata di un´altra lacerazione del Pd. E al presunto terzo polo l´occasione per dire: ecco, sono uguali, siamo noi quelli stabili». Le sue parole o sono leggere o devono pesare molto. Lei è stata una veltroniana convinta, della prima ora. «Certo, gli sono stata accanto prima che diventasse segretario, e non dopo, quando era facile saltare sul carro del leader. Avevo con lui un rapporto stretto, amichevole. Mi fidavo di lui, e il suo parlare colpiva al cuore». Verbi al passato. Poi, cos´è accaduto? «Eravamo in piazza della Pietra quando si è dimesso da segretario. Un grave vulnus, una ferita profonda al Pd che oggi Veltroni vorrebbe rilanciare. Ma perché il manifesto non lo ha scritto in quel momento, quando il 35 per cento degli elettori sarebbero scesi in piazza, per lui? Bastava dicesse mezza parola. Comodo farsi da parte, aspettare, e cogliere proprio l´attimo del logoramento del berlusconismo da fine impero, per assestare un colpo interno, per fare una minoranza nella minoranza». Ma siete pluralisti, e il dissenso non è vietato nel Pd. «Appunto. Abbiamo sedi in cui discutere e abbiamo lunghe consuetudini democratiche. Una linea in questo partito c´è ed è quella dettata dal congresso, da chi l´ha vinto. Veltroni poteva confrontarsi anche aspramente, ma non dare alla stampa il documento per tracciare la sua visione in contrasto, e al paese l´idea di un Pd che non c´è, ben prima che ce lo dicano gli altri. Ma stavolta Veltroni non fa bingo, ha sbagliato tutto, i commenti sono negativi». Quali ricadute vede? «Brutte. Poco fa ero in un centro clinico per esami, un´elettrice mi ha salutato. Pur riconoscendo le storie personali, mi ha detto: “Basta, non vi voto. Berlusconi mai, ma neanche voi. Non sapete essere uniti per il Paese». E lei cosa ha risposto? «Ammutolita dal disagio. Ma a Roma come a Napoli è così: sempre impegnati a fare le conte interne. Ma se non cambiamo atteggiamento, se ognuno pensa che il partito è cosa sua, dagli ex bassoliniani a Napoli ai veltroniani a Roma, non ci sarà futuro. Il Messia siamo noi, se riusciamo davvero a costruirlo, questo Pd» (di Conchita Sannino da la Repubblica Napoli)
Nessun commento:
Posta un commento