domenica 12 settembre 2010

«Emergenza Campania che il Paese ignora»

È all’estero Lucia Annunziata, ma segue con attenzione le cronache italiane, anche quelle più dolorose come il dramma di Atrani che riapre la ferita mai rimarginata di Sarno, la città dove è nata ed a cui, nel 1999, ha dedicato il libro «La crepa» sui ritardi nei soccorsi e nella ricostruzione. La giornalista e scrittrice commenta con amarezza l’ennesima tragedia annunciata: «Purtroppo non è un episodio isolato. Da Sarno ad oggi immagini choc come quelle dell’altra sera non sono mai scomparse dal nostro video, si ripropongono ogni anno nella loro atrocità, ci si emoziona per un attimo, poi ci si fa l’assuefazione». Cosa ha provato? »Rabbia e dolore. La conca dei Monti Lattari, il territorio vesuviano che abbraccia anche Sarno sono aree fragilissime dal punto di vista orografico e geomorfologico, ci dovrebbe essere uno stato di allerta permanente, ma non è così. Non c’è percezione a livello nazionale della pericolosità, malgrado gli studi accurati che ci sono su questa zona della Campania, individuata ed acclarata come “rossa” e che va considerata emergenza nazionale». Si spieghi meglio. «La dinamica di Atrani è la stessa di Sarno, identica ad altre succedutesi negli anni in Costiera. È un territorio che va messo, nella sua totalità, in sicurezza. Certo è un problema ampio e complesso da affrontare. C’è, comunque, un punto di partenza: non bisogna più parlare di singoli ambiti o Comuni, ma di un intero bacino a grave, gravissimo rischio. Insomma, bisogna guardare alla situazione con un approccio diverso». Quale? «Al primo posto la responsabilità. Non voglio fare denunce o dare la colpa a questo o a quello. La questione non riguarda neanche i finanziamenti, se ci sono stati, se ci sono, se ci saranno. E nemmeno si tratta di soldi spesi male o bene. Parlo piuttosto di un piano strategico per prevenire e contrastare il fenomeno di frane ed esondazioni. E lo può fare solo il Governo, cambiando punto di vista. Per intenderci, la Protezione civile ha a disposizione un elenco dei luoghi a rischio, ma è concepito per singoli Comuni, non per aree vaste, suddivise amministrativamente malgrado abbiano la stessa configurazione fisica. Ripeto: occorre la dichiarazione di rischio permanente e la costituzione di un osservatorio scientifico nazionale, ovvero un organismo centralizzato che faccia un continuo check-up diretto alla osservazione collettiva ed alla prevenzione di queste tragedie». (Erminia Pellecchia il Mattino)

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