domenica 2 ottobre 2011

Il Pd fa i conti con la valanga

Il segretario dem dice che il partito «ci ha messo i banchetti» ma l'imbarazzo c'è

Fonte: Rudy Francesco Calvo da Europa Quotidiano

Quelle depositate ieri in Cassazione sono 1.210.406 firme che precipitano anche sul dibattito interno al Partito democratico. Il quadro più impietoso, ma probabilmente il più realistico, lo ha dipinto ieri Pierluigi Castagnetti: «Il Pd ha aiutato in due modi il raggiungimento del numero delle firme: con i banchetti messi alle sue feste e con la sua posizione ufficiale ambigua, che ha fatto arrabbiare i suoi elettori e li ha spinti ad andare a firmare ai banchetti». Lunedì, in direzione, Pier Luigi Bersani non potrà ignorare il tema: lo dice Castagnetti, lo pensano in molti. «Non ci ho messo il cappello, ma i banchetti per raccogliere le firme sì», ha detto ieri il segretario dem. Che si è dimostrato anche piccato con i referendari: «Prima dell’estate avevamo ricevuto molti ringraziamenti e mi aspettavo che, avendo raccolto centinaia di migliaia di firme, arrivassero uguali ringraziamenti». Resta il fatto che oltre al cappello, lui non ci ha messo nemmeno la firma. E Mario Barbi ricorda anche «le decisioni contrarie (ai quesiti, ndr) assunte pressoché all’unanimità dalla direzione del 19 luglio, in conformità alle indicazioni del segretario». Rosy Bindi prova a chiudere la questione: «I partiti non promuovono i referendum, presentano i disegni di legge in parlamento». In linea con l’idea di un partito che, come dice Bersani, «sappia dare la mano alla società e stia nel suo». Ma se il percorso referendario proseguirà, il Pd difficilmente potrà fare una scelta diversa dallo schierarsi a favore del Sì.


A opporsi a un ritorno al Mattarellum sono le frange più proporzionaliste del Pd, dai dalemiani a buona parte degli ex popolari (ma Franceschini ha firmato e sostenuto il referendum). Fuori dai denti, non manca tra questi chi ammette di preferire perfino il Porcellum, magari senza il premio di maggioranza, al sistema che uscirebbe dai quesiti. Ma il naufragio dell’altro tentativo referendario promosso da Stefano Passigli e le parole pronunciate ieri da Napolitano (quasi un endorsement a favore dei collegi uninominali) sembrano chiudere definitivamente questa porta. Oltre al merito del sistema che uscirebbe dai quesiti depositati ieri (e sui quali pende ancora la sentenza della Consulta), al Nazareno è prevalso il timore di lasciarsi travolgere da un’ondata di movimentismo popolare, considerato troppo simile all’antipolitica. A opporsi a questa lettura è il veltroniano Salvatore Vassallo: «Ne avevamo avuto la sensazione netta stando dietro ai banchetti: il referendum contro il Porcellum ha offerto uno sbocco alla rabbia e a una domanda di cambiamento simile, per motivazioni e intensità, a quella che sostenne il referendum del 1993». Una domanda di partecipazione, quindi, che è tutta politica e che semmai solo se non è opportunamente intercettata rischia di indirizzarsi contro i partiti. Lo sottolinea chiaramente Romano Prodi: «È un trionfo ed è il segno di un grande desiderio di cambiamento e di farla finita con una legge elettorale che ha umiliato i cittadini ». A incrociare il tema referendario è anche la questione delle alleanze. L’attivismo di Vendola e Di Pietro (quest’ultimo ha già annunciato per la prossima settimana la presentazione delle firme per un altro quesito, relativo alla cancellazione delle province) rischia di restringere lo spazio del Pd a sinistra. Ma è soprattutto con l’Udc che si gioca la partita principale. I centristi ieri hanno ribadito il loro no al Mattarellum.
«Non ci piace quel tipo di legge – ha tagliato corto il segretario Lorenzo Cesa – significherebbe tornare indietro di qualche anno e ridare spazio a tante piccole formazioni che in questo momento porterebbero solo confusione».

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