sabato 7 settembre 2013

Scoperta piantagione di canapa sul Faito

Fonte: Gaetano Angellotti da Metropolis

Monti Lattari/Castellammare di Stabia - Venti giorni fa, nella stessa zona, c’era stato un maxisequestro da primato. Oltre 1500 piante di canapa indiana, tutte rigogliose e ben curate. Ieri, più o meno dalle stesse parti, in località Castagneto del monte Faito, sempre la polizia ha messo a segno un altro colpo. Gli uomini del commissariato stabiese, in collaborazione con i colleghi del Corpo Forestale, hanno scovato e distrutto altre 250 piante di canapa indiana. Un’altra piantagione, a pochi passi da quella distrutta lo scorso 21 agosto, che conferma - ove mai ve ne fosse bisogno - di come monte Faito sia diventata ormai una delle roccaforti della coltivazione di marijuana da parte dei clan della zona stabiese. Del resto quello della coltivazione in quantità industriali di vere e proprie piantagioni di marijuana, è uno dei business più fiorenti in tutta la zona dei monti Lattari e dintorni. Sotto l’egida dei clan, veri e propri narcosagricoltori si occupano di impiantare, curare e raccogliere le preziose piantine. Garantendo al contempo che l’intera attività si svolga ben al riparo da occhi indiscreti. Ma non sempre, come testimoniano le ultime operazioni della polizia, le cose vanno secondo i piani dei delinquenti. Che proprio al momento del raccolto, molto spesso vedono andare in fumo i frutti dei propri sforzi.
 
Anche ieri, infatti, i poliziotti stabiesi hanno estirpato dalla radice le piante, e dopo averle ammassate, le hanno distrutte sul posto, bruciandole. Stessa storia lo scorso 21 agosto, quando il “danno” per le 1.500 piante bruciate fu stimato in circa 3 milioni e mezzo di euro. Ai quali vanno aggiunti altri 500mila euro. Cifre da capogiro, che danno l’idea del giro d’affari che si nasconde dietro l’attività illecita della coltivazione. Numeri dovuti ovviamente alla diffusione altrettanto capillare del consumo di droghe leggere. I sequestri come quelli effettuati dalla polizia, specie nel periodo del raccolto, non sono rari. Nonostante le difficoltà dovute alle zone particolarmente impervie, scelte appositamente per rendere difficili i controlli, i sequestri si susseguono puntualmente ogni anno. Altra storia è individuare i responsabili, quasi sempre profondi conoscitori della montagna, abili non solo a gestire questo tipo di attività, ma anche a “fiutare” anche eventuali trappole e appostamenti. La caccia ai narcos-agricoltori, comunque, resta aperta.

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