venerdì 24 febbraio 2017

«Non vado in pensione per garantire gli aborti»

La scelta di Carla Ciccone, ginecologa di Avellino: l'obiezione di coscienza è superata 

Fonte: Carmine Festa da Il Corriere del Mezzogiorno 

Carla Ciccone è una ginecologa di Avellino. Da sei anni combatte contro il cancro, ma questa è la sua storia personale. Da molto più tempo, circa quarant'anni, Carla Ciccone combatte per il diritto delle donne ad interrompere la gravidanza. Si occupa di casi particolari, di quelle gravidanze che le donne o le coppie scelgono di non portare a termine dopo i novanta giorni perché il feto è malformato. La dottoressa sarebbe dovuta andare in pensione già tre anni fa, ma si è resa conto che con la fine della sua attività professionale sarebbe cessata per le donne anche la possibilità di ricorrere all'interruzione di gravidanza dopo i novanta giorni, causa malformazioni del feto. Nessuno la sostituirebbe in questa sua attività professionale, finora non si è fatto avanti un altro medico che si sia candidato a proseguire il suo lavoro. E per questo ha scelto di restare in servizio. Sull'obiezione di coscienza ha le idee chiare: «Poteva avere un senso nel 1978, l'anno della legge 194. Senza quella previsione le norme probabilmente non sarebbero passate». Ciccone ricostruisce ragioni politiche che oggi — aggiunge — sono superate dalle pratiche quotidiane: «Le donne comprano su siti legali in internet le pillole per abortire e fanno tutto da sole in casa.
 
Capirete benissimo che con questa velocità alcune discussioni si collocano fuori dal tempo che viviamo». Carla Ciccone presiede il comitato etico dell'azienda ospedaliera irpina «Moscati» di Avellino, comitato che ha fissato in 24 settimane il limite entro il quale poter intervenire. La decisione finale spetta alla donna o alla coppia che condivide un percorso. Ciccone non è sola in questa procedura: «Lavoriamo in équipe, c'è lo psichiatra, il genetista. Insieme parliamo alla donna e/ o alla coppia illustrando il caso che stanno vivendo con tutte le sue conseguenze». Dati alla mano, c'è anche un cinque per cento di donne incinte che dopo i colloqui con i medici ci ripensa, non interrompe, prosegue, porta a termine la gravidanza. Nessun giudizio morale in questo caso, così come non c'è una valutazione di senso opposto per chi, invece, sceglie di non affrontare le conseguenze di un feto malformato. Scelte, appunto, di fronte alle quali l'unica preoccupazione di Ciccone e quella di garantire il miglior servizio possibile. Ma la politica si riaffaccia nelle sue valutazioni per commentare la decisione del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, di assumere due medici non obiettori attraverso un bando pubblico: «Zingaretti fa bene ad assumere, qui si tratta di garantire e rispettare i diritti delle donne». Per Ciccone l'assistenza ospedaliera nelle interruzioni di gravidanza (che lei non chiama aborti, termine che le fa rabbia) resta fondamentale: «Le vedo io le donne che hanno comprato la pillola sulla Rete, arrivano in ospedale piegate in due dal dolore, in preda al panico». E aggiunge: «Resto al mio posto per difendere un diritto, per ricordare a tutti che il tempo delle mammane, dei viaggi in Gran Bretagna degli anni Settanta per abortire, sono finiti. Ricordiamocelo e smettiamo di sbattere le porte in faccia a chi già vive un disagio, direi un vero e proprio lutto quando i casi sono particolarmente complessi». Con tutta probabilità alla fine di quest'anno Carla Ciccone però lascerà il servizio: «Spero che qualcuno prenda il mio posto e non succeda ciò che è accaduto a Benevento, dove l'unico medico non obiettore è andato in pensione e il servizio è stato sospeso». Chiamatela, se volete, una sconfitta, un'altra porta chiusa in faccia alle donne.

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