mercoledì 15 marzo 2017

Demolizioni, la guerra persa tra costi elevati e burocrazia

Penisola sorrentina
Da Vico a Sorrento e fino ad Amalfi migliaia di violazioni: abitazioni ingrandite, parcheggi ma anche locali pubblici e dependence di hotel

Fonte: Ciriaco M. Viggiano da Il Mattino

Residenti senza una casa e disposti a violare la legge pur di avere un tetto sotto il quale vivere. Palazzinari pronti a violentare il paesaggio pur di incrementare il proprio giro d'affari. Norme urbanistiche obsolete e, per certi versi, troppo restrittive. Senza dimenticare il contorno di licenze fantasma, pratiche di condono inevase, ordinanze di demolizione mai eseguite e il solito strascico di accuse, polemiche e recriminazioni. Così la Campania e la provincia di Napoli sono state proiettate al vertice della triste classifica delle località italiane più sfregiate dal cemento selvaggio. Qui il vizio di costruire violando la legge non cede nemmeno dinanzi alla crisi del mattone, come dimostra uno degli ultimi dossier di Legambiente. Basti pensare che tra Napoli, Avellino, Benevento, Caserta e Salerno si concentra il 18 per cento degli abusi edilizi su scala nazionale. E che m Campania, tra il 2005eil2015,sono state realizzate circa 70mila case fuorilegge per un totale di nove milioni di metri cubi. Ovviamente, questa corsa al cemento è andata di pari passo con una vertiginosa escalation di illegalità. La prova? Nel 2015, in Campania sono stati accertati 886 reati, 834 denunce, tre arresti e 264 sequestri. E i dati su scala provinciale collocano Napoli in cima alla graduatoria nazionale con 301 infrazioni, 377 denunciati e 188 sequestri, seguita da Avellino e Salerno. In alcune aree del Napoletano la piaga dell'abusivismo non solo ha stravolto la fisionomia de i luoghi, ma ha anche accresciuto i rischi per la popolazione e messo a dura prova l'apparato delle amministrazioni locali.
 
Un esempio sono i Comuni della zona rossa del Vesuvio, in cui Legambiente stima una media di 5mila istanze di condono inevase. «Significa che un abitante su cinque ha una pratica aperta - spiegano dall'associazione – Circa l'80 per cento riguarda residenze, mentre il restante 20 concerne manufatti destinati ad attività produttive». Non va meglio in Costiera, terra martoriata dai palazzinari. Nei cassetti del Comune di Piano di Sorrento giacciono tremila pratiche, per smaltire le quali la giunta del sindaco Vincenzo Iaccarino sta organizzando una task-force di professionisti esterni. Ma quanti fabbricati abusivi risultano abbattuti? Anche qui i dati di Legambiente sono impietosi. Nel Parco del Vesuvio, dal 1997 al 2012, sono state emesse 1.778 ordinanze di demolizione, ma gli abbattimenti eseguiti non hanno superato i 40. Stesso discorso per l'area dei Montì Lattari, dove non si contano le abitazioni e le attività commerciali abusive. Per molte di esse la magistratura ha ordinato l'abbattimento, male scarse risorse a disposizione dei Comuni hanno impedito alle ruspe di entrare in azione. È ciò che è avvenuto a Gragnano e Sant'Antonio Abate. Lo stesso vale per Ischia. I vani abusivi realizzati a partire dal 1985 nei sei Comuni dell'isola superano i 120mila. Molti di essi sono stati colpiti da ordini di demolizione rimasti puntualmente senza esecuzione. Emblematico il caso della caserma della Forestale a Casamicciola, nel bosco della Maddalena, per costruire la quale furono distrutti circa 70 alberi: sequestrata dopo la prima colata di cemento, la struttura è stata al centro di un lungo braccio di ferro giudiziario e ora giace abbandonata. Paradossalmente, ad aggravare la situazione ci pensa anche la legge. Il Piano urbanistico territoriale della penisola sorrentina e della costiera amalfitana (Put), approvato con la legge regionale 35 del 1987, ha fissato rigidi vincoli a tutela di due aree tra le più suggestive al mondo. Con una serie di conseguenze assurde come quella di vietare, m alcune zone, persinò ilavori di ristrutturazione edilizia e di adeguamento antisismico. E questo, se da una parte è servito a tutelare il paesaggio, dall'altro ha generato un boom di lavori abusivi e ostacolato lo sviluppo economico. Ecco perché all'attenzione del Consiglio regionale è arrivato un disegno di legge, relatore il consigliere Alfonso Longobardi, che punta ad aggiornare la legge 35 facilitando i cambi di destinazione d'uso e gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria nei 34 Comuni compresi nel Put. «Vogliamo liberare il territorio dalla gabbia in cui è rinchiuso da 30 anni - spiega Longobardi ma senza ulteriori colate di cemento e nel pieno rispetto della natura». L'esame del ddl ha preso il via nei giorni scorsi in commissione Urbanistica e su di esso, il prossimo 23 marzo, si pronuncerà l'assessore regionale Fulvio Bonavitacola. Dopodiché il testo potrebbe presto giungere in aula per la discussione.

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