lunedì 4 agosto 2008
Marino: «Eluana sarebbe morta se la tecnologia non la tenesse in vita»
«Eluana si sarebbe spenta naturalmente senza il sondino che la idrata e la alimenta e noi non dobbiamo essere schiavi della tecnologia, anche di quella più avanzata, contro la nostra volontà. Io stesso non vorrei trovarmi in uno stato vegetativo permanente, privo della percezione del mondo e senza nessuna speranza di recupero». Il senatore Ignazio Marino ha affidato all’aula del Senato la sua volontà. Senatore Marino, possiamo quasi parlare di un testamento biologico pubblico? «In un certo senso lo è. Io ho espresso in libertà quello che penso e vorrei che ognuno potesse farlo. Per questo mi batto per una legge che riconosca a ciascuno il diritto di scelta sulla propria salute». L’Avvenire, in un editoriale del professor D’Agostino, apre su una legge relativa al fine vita ma teme che il testamento biologico possa rappresentare il cavallo di Troia per l’eutanasia. «Guardi che sono cattolico anch’io e non credo affatto che si corra questo pericolo. Una legge che riconosce a ognuno il diritto di scelta rispetta in pieno il principio, cattolicissimo, del libero arbitrio». Ma anche assistere un malato in uno stato vegetativo per 16 anni è un’azione cattolica. Come si conciliano i due aspetti? «Rispettando la volontà del paziente. Da credente, penso che spingere il giuramento di Ippocrate fino a quel limite possa diventare idolatria della medicina, contro la carità cristiana». Il Parlamento riuscirà ad approvare una legge entro l’anno? «Me lo auguro e accolgo con favore l’impegno del presidente del Senato Schifani. Non capisco tanto spavento per una legge che affronterà in maniera globale le modalità di assistenza, dalle cure palliative alla terapia del dolore e agli hospice, troppo pochi al Sud rispetto al Nord. Nessuno vuole staccare la spina, ma solo riconoscere un diritto. È successo anche per la legge sul divorzio, ma non mi sembra che da allora tutte le coppie si siano separate». (Luisa Maradei il Mattino)
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