di Filomena Baratto
Vico Equense - C’è una letteratura che sonnecchia davanti ai grandi che affollano i libri di scuola e il motivo è dato, forse, dal fatto che sono troppo vicini a noi per dare loro lustro. Una letteratura che, una volta studiata, continuerebbe a dormire se il cinema di tanto in tanto non prendesse a prestito le opere di questi autori e ce li rendesse come capolavori. E’ una letteratura che di solito si conosce bene solo all’Università per i tempi necessari e gli approfondimenti dovuti. Gli esami di letteratura prevedono la lettura dei romanzi e ho visto ragazzi tornarsene a casa per aver fatto dei sunti delle trame e andare a provare l’esame. Quando davanti all’esame si balbettava, sintomo di una lettura che non c’era stata, il prof. tuonava: “Senza la lettura del romanzo non sussiste l’esame”. La conoscenza dell’opera era come il catechismo. Con questo voglio dire che ce ne vuole per conoscere un autore se non si affonda nei suoi scritti. La lettura del romanzo porta direttamente alla centralità delle sue tematiche. Quest’anno il tema dell’esame di maturità è la solitudine declinata in tutti i suoi aspetti e Giorgio Bassani, con la sua produzione, mette in moto i temi dell’emarginazione, delle convenzioni della normalità e dell’identità. Aspetti che ritroviamo ancora oggi in una società che dovrebbe essere più libera e includere il diverso ma che ancora si mostra come allora Nacque a Bologna nel 1916 e dopo la laurea in Lettere si dedicò all’insegnamento. Partecipò a molte sceneggiature di film, fu redattore della rivista “Botteghe Oscure”, nel 64 diventò vicepresidente della Rai fino al 66. La critica ha manifestato grande interesse per i suoi libri a cominciare dagli anni 70.
Muore il 13 giugno del 2000.
Egli parte dalla sua Ferrara, luogo di vita reale e che conosce bene, e in quel microcosmo riesce a rapportarsi a visioni di vita anche fuori da quella provincia. Narra storie vere di un mondo borghese e provinciale che si imbatte nella brutalità del Fascismo. Con le leggi razziali del 1938 questo mondo, costituito in parte da comunità ebraiche, viene sfaldato e l’autore ne ricalca gli eventi trattando il tema della solitudine e della morte. Una visione sentimentale e intimistica che si fonda sulla memoria che egli ripercorre non per rievocarne nostalgicamente gli eventi, ma per trarre da quegli eventi discernimenti e legami con i fatti reali. La sua è una ricerca minuziosa dei fatti sondando un terreno a volte sconosciuto anche quando la realtà appare di facile lettura. La memoria non lo abbatte, gli rende lo strumento necessario per la riflessione. Giorgio Bassani è un poeta e un narratore che ha scandagliato la realtà attraverso la memoria producendo narrativa di un certo interesse, non solo nel nostro paese ma anche fuori. Molto legato alla sua città, nelle sue storie esprime un mondo perfetto che lentamente inclina alla solitudine dell’essere conducendo alla morte come ineluttabile epilogo. Nel romanzo breve del 1958 “Gli occhiali d’oro”, affronta la solitudine di un medico che vede perdere il suo prestigio quando è sospettato di omosessualità. Provincialismo e moralismo fiaccano la sua voglia di affermare quello che è. Il medico veneziano Athos Fadigati si trasferisce a Ferrara dove conduce una vita tranquilla e dove è rispettato da tutti. La storia si capovolge quando conosce un giovane intellettuale ebreo con cui intesse una relazione. I due sono accomunati da un senso di angoscia profonda che li porta a condividere le proprie solitudini fino a quando subentra la crisi, davanti all’evidenza di una situazione che non può avere futuro. L’analisi delle rispettive personalità ci rende la condizione della Ferrara storica. Allora come oggi la paura del diverso lede la tranquillità di una vita fatta di agi e di benessere. Il diverso come colui che spezza questa continuità. Il medico vorrebbe che la sua omosessualità fosse accettata magari gradualmente, così com’era la sua stimata professione. Ma sa che tra pubblico e privato c’è una sorta di identificazione che non permette alcuno sdoppiamento. E lo afferma proprio all’inizio del secondo capitolo:” Non c’è nulla più dell’onesta pretesa di mantenere distinta nella propria vita ciò che è pubblico da ciò che è privato, che ecciti l’interesse indiscreto delle piccole società”. Il mondo ci lascia sempre nella nostra solitudine ogni qualvolta la diversità si presenta come evento disturbatore a scuotere gli animi che credono di aver trovato il proprio equilibrio. Nel ’62 fu la volta de Il giardino dei Finzi Contini, un romanzo di ampio respiro che ha, come luogo d’azione, ancora Ferrara, con una prosa che i critici accomunano a quella di Tommaseo o Manzoni. E c’è da crederlo se la Tesi di Laurea di Giorgio Bassani fu proprio su Tommaseo. Racconta le vicende di una famiglia ebrea e aristocratica del ferrarese degli anni trenta appartata nella sua villa dove vive indisturbata. Il protagonista si innamora di Micol, che a sua volta non lo ricambia. La realtà gli è contro, ma lì ha dato vita ai suoi sogni e alle sue illusioni, che si spengono sempre più col passare del tempo. La deportazione e la morte di questa famiglia rompe un incantesimo che per tanti anni aveva dato senso alla sua vita. Giorgio Bassani si appassiona alla letteratura convinto che essa abbia la chiave di lettura della realtà. Le sue riflessioni continuano negli altri romanzi come Il muro di cinta del ʻ46, In esilio del ʻ59, Dietro la porta del ʻ64, L’odore del fieno del ʻ72. Prima ancora che narratore è autore di versi con tre volumi di liriche nel ʹ45, ʹ47 e ʹ52, rispettivamente: Storie di poveri amanti Te lucis ante, Un’altra libertà. In esse trasfigurano, attraverso la sua sensibilità, le sue esperienze e il suo ermetico mondo interiore, con una tecnica precisa e affinata. Non sono mancati i giudizi negativi sulla sua narrativa tacciandola di pessimismo. La sua carriera però è stata un crescendo di riconoscimenti come il premio Veillon nel 55 per il racconto “Gli ultimi anni di Clelia Trotti; il premio Strega nel 1962 per Le cinque storie ferraresi; premio Viareggio per il romanzo Il giardino dei Finzi Contini; nel 1969 il Premio Campiello per L’airone. Ma la scuola non può contenere tutto questo e gli autori restano approssimative personalità che si muovono nell’indistinto. Chi avrà fatto questo tema deve averlo preso in buona considerazione già durante l’anno e aver letto le opere. Se da una parte gli esami devono contenere spunti significativi per far riflettere i ragazzi, non si può discutere su conoscenze frammentate. Bassani fa parte di quella nebulosa narrativa che va da Moravia a Sciascia, narrativa del dopoguerra, che porta con sé un realismo critico a volte anche distante, personale, contrastante, tra un autore e l'altro, ma che contribuisce a fornire un’Italia di quel periodo ben precisa sotto ogni punto di vista. Altro peccato della nostra letteratura è che la si studia in base anche alla collocazione politica degli autori, delle epoche, scegliendo quello che va bene e non va bene trasmettere ai ragazzi. Ma la letteratura come la vita non dovrebbe subire censure, per il principio che ciascuno deve poter conoscere liberamente. E dal momento che il processo educativo è sempre di tipo gerarchico, si trasmettono conoscenze che subiscono mode e pareri personali. Molti testi adottano questo criterio inopportuno, favorendo solo determinati autori.
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