lunedì 25 giugno 2018

Centri commerciali senza librerie

di Filomena Baratto

Vico Equense - Ieri sono stata in un centro commerciale. Non amo fare spese ai grandi magazzini, ma una volta l’anno mi accade di andarci. Sono stata invogliata dal fatto che dovevo comprare dei libri, ma con mia grande meraviglia, non c’era una sola libreria in tanti metri quadrati di mercato. Come è possibile che in luoghi così affollati non ci sia nemmeno una libreria? Tanto consumismo esula dalla possibilità di leggere? Come si costruiscono questi centri? La lettura in Italia non si può ascrivere nemmeno tra gli hobby. L’AIE, l’Associazione Italiana Editori, ci fornisce una notizia che non fa che aumentare la meraviglia: 13 milioni di italiani vivono in comuni che non hanno nemmeno una libreria. Molte sono state costrette a chiudere, altre lo hanno fatto trasformandosi in altri esercizi commerciali e la lettura è diventata roba per specialisti. Eppure ieri, sulle panchine fuori ai negozi, ad attendere i familiari mentre facevano spesa, c’era tutta gente fornita di smartphone, con la testa china a cliccare in modo compulsivo. Se al posto dello smartphone avessero avuto un libro, il loro cervello avrebbe fatto percorsi più umani, più creativi e meno ansiosi. Anche la conversazione sarebbe stata più valida del telefonino. Parlare e scambiare idee, opinioni, fatti è sempre meglio che smanettare su un piccolo aggeggio. Lo smartphone ci isola dal mondo facendoci sprofondare in una solitudine pericolosa. Ma la conversazione ha ormai perso il suo valore e, a parità di possibilità, se due persone sono sedute vicine, ciascuna ama parlare con un interlocutore virtuale anziché conferire con la persona accanto. Se ieri ci fosse stata una libreria, qualsiasi, potevo guardare la vetrina, comprare libri, leggere qua e là, sbirciare copertine, autori e magari avrei usufruito anche io della panchina per leggere.
 
La libreria ti apre un mondo, e un libro a orizzonti dove sei tu il protagonista. In ogni buon esercizio commerciale i libri stanno all’ingresso, una sorta di fermata obbligatoria, dove si fa il pieno di energia vitale. E’ come se il cervello avesse bisogno di benzina. Ma la gente deve acquistare e non perdersi nei libri. Ma il tempo a sfogliare e comprare libri non impedisce di acquistare altro, può solo incentivare. Questa operazione, apparentemente casuale, è invece studiata a tavolino. La massa deve spendere e non leggere, sarebbe una perdita di tempo. Se legge capisce che il consumismo è una droga e smette di comprare. Un centro commerciale privo di libri è predisposto a favore di chi non legge mai. A questo punto si può concludere dicendo che i centri commerciali sono per gente che deve rispondere agli acquisti, dove comprare è l’unico dio a cui votarsi. Le campagne pubblicitarie agiscono alla grande su chi non pensa. Ecco un motivo per cui il centro commerciale non mi attira, non c’è quello che fa per me. Spendo in negozi conosciuti, dove anche la storia delle mie compere fa parte di me e quando esco, posso trovare la libreria. Se leggi, pensi e compri solo il necessario, ma se sei narcotizzato dalla pubblicità, compri di tutto. Ed è anche vero che si perde tempo prezioso in cose inutili e non per la lettura. Ogni volta, come scusa per non comprare un libro, si dice che non si ha tempo per leggere. Ma il tempo per un libro lo si deve trovare sempre, è vitale. Leggere è la migliore terapia per guarire, per capire, per rapportarsi, per confrontarsi. Continuerò a comprare tanti libri, ma non continuerò ad andare ai grandi magazzini: troppo dispersivi, caotici, inefficienti e incomprensibili se privi di librerie.

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